La «difficile settimana» americana, per usare l’eufemismo di Obama, si è chiusa con un weekend di passione e protesta. In molte città ci sono state manifestazioni e cortei di #blacklivesmatter, il coordinamento informale del movimento antirazzista, compreso in Minnesota dove ha perso la vita Philando Castile e a Baton Rouge, Louisiana dove martedì scorso due agenti di polizia hanno ucciso Alton Sterling, venditore ambulante sparandogli a bruciapelo dopo averlo bloccato a terra. A Baton Rouge il corteo ha bloccato l’accesso all’autostrada subendo cariche dalla polizia che ha effettuato numerosi arresti.

Anche in altre località i manifestanti hanno puntato sulle grandi arterie stradali. Ad Atlanta circa diecimila persone hanno occupato la carreggiata di un autostrada. A Memphis è stato occupato il ponte sul Mississippi fermando il traffico sulla interstate 40, il tratto dell’autostrada intercontinentale che attraversa il Tennessee. Lo stesso è accaduto sulla interstate 94 a Minneapolis dove ci sono state anche sassaiole e qualche lancio di molotov.

A San Francisco è stato occupato il Bay Bridge e nel quartiere nero di Inglewood, vicino l’aeroporto di Los Angeles, un corteo di un migliaio di persone ha marciato per le vie della città scandendo gli slogan del movimento «No Justice No Peace» e «Hands Up Don’t Shoot!». Poco dopo la mezzanotte i manifestanti hanno formato una catena umana attraverso le otto corsie della San Diego Freeway che attraversa la città in direzione sud, bloccando il flusso del traffico.

Dopo i fatti di Dallas ci sono stati numerosi tentativi di addossare al movimento la «responsabilità morale» della morte dei cinque poliziotti uccisi da Micah Xavier Johnson. La mobilitazione nazionale ha rivendicato il diritto e la necessità di continuare a protestare la strage «silenziosa» da parte di una polizia militarizzata, intransigente e razzista.

Nelle ultime 48 ore si è aggiunta la morte di Tyler Gebhard, un ventenne studente e atleta di St Louis. Il ragazzo affetto da disturbo bipolare era stato protagonista di una diatriba su Facebook con un agente della polizia locale a proposito di Blm. Nel fine settimana avrebbe tentato di introdursi nella casa dell’agente fuori servizio che gli ha sparato uccidendolo. Un episodio anomalo ancorché apparentemente «legale» che non ha mancato tuttavia di gettare benzina sul fuoco alla luce dei recenti avvenimenti. Dopo questa settimana l’America si è trovata proiettata indietro nel passato verso un incerto futuro.

E la questione razziale è tornata al centro dell’esperienza nazionale come questione che ha definito la problematica sociale del ventesimo secolo. Malgrado i titoli cubitali favoriti da molta stampa non si tratta insomma di «guerra di razze» ma dell’ennesima esplicitazione di un conflitto strisciante. Il primo compito da corrispondente americano di chi scrive fu, venticinque anni fa, il caso Rodney King, il selvaggio pestaggio di un automobilista nero o da parte di quattro agenti del Lapd.

Fra i primi episodi documentati su video, avrebbe portato alle devastanti rivolte di Los Angeles nel 1992. Accadevano a loro volta appena 25 anni dopo la marcia di Martin Luther Kind su Selma che portò al voting rights act ed alla desegregazione del sud. Esiste dunque una linea diretta che dal movimento storico dei neri porta a questa settimana.

Oggi la segregazione ufficiale è meno marcata ma la disuguaglianza è ancora più accentuata dal liberismo e ne fanno le spese minoranze e settori sociali marginali. E come negli anni ’60 la resistenza afroamericana è nuovamente ancorata alle black churches. Le parrocchie dei quartieri neri d’America ricoprono un ruolo fondamentale di aggregazione e protesta. Domenica scorsa in tutto il paese le messe si sono trasformate in assemblee di riflessione e passione.

I pastori hanno dedicato le prediche ai fatti di cronaca, alla continuata strage di neri ed al paradosso che c’è voluta la «speculare» strage di Dallas perché la questione tornasse davvero al centro dell’attenzione anche fuori da ghetti neri. A Los Angeles la radio storica della «community» ha trasmesso come di consueto le prediche da diverse chiese. Il talk show serale, evening with pastor G solitamente è dedicato alle domande degli ascoltatori su questioni famigliari. Domenica l’intero programma è stato invece dedicato al tema «come sopravvivere se fermati dalla polizia» a base di consigli pratici come «non muovere mai le mani dal volante», «evitare movimenti bruschi», «essere sempre più cortesi di un bianco».

Un agghiacciante vademecum a dimostrazione della realtà parallela in cui vive il 10% della popolazione. E nel programma si è tornati a parlare del «discorso» – quello che ogni genitore nero, ogni padre deve fare soprattutto ai figli maschi spiegando che ogni contatto anche casuale con un poliziotto va gestito con assoluta attenzione perché ne va letteralmente della propria vita. Un discorso lo farà oggi anche Obama che dopo il rientro anticipato dalla Spagna ai funerali delle vittime di Dallas.