E’ una battaglia per appropriarsi la “Repubblica”, tra François Hollande e Nicolas Sarkozy, al momento probabili rivali per le presidenziali del 2017. Ieri, Hollande ha portato al Panthéon quattro personalità, tutte legate alla Resistenza, come simboli della memoria francese: Geneviève de Gaulle-Antonioz, Germanine Tillon, Pierre Brossolette, Jean Zay. Secondo la storica Mona Ozouf, la fraternité di Geneviève de Gaulle-Antonioz, deportata a Ravensbrück poi impegnata a fianco dei poveri con ATD Quart Monde, l’égalité dell’antropologa Germaine Tillon, anche lei deportata a Ravensbrük, attiva nella rete di resistenza del Musée de l’Homme e impegnata per i diritti degli algerini prima e dei sans papier poi, la liberté del giornalista Pierre Brossolette, militante contro l’antisemitismo torturato dalla Gestapo che ha scelto di suicidarsi per non parlare, e la laicité di Jean Zay, ministro del Fronte Popolare, assassinato dalla Milizia, difensore della modernizzazione della scuola, fondatore del Musée d’Art Moderne, del Cnrs, del festival di Cannes. Hollande ha portato al Panthéon i rappresentanti dei valori della Francia – della sua diversità, due cattolici, due massoni, il socialismo di Brossolette, il radicalismo laico di Jean Zay, la decolonizzazione per Germaine Tillon, il cristianesimo sociale di Geneviève Antonioz-de Gaulle – valori oggi messi in crisi dalle difficoltà del momento, con una messa in scena (non esente da una forte retorica) che ha cercato di ridare vita a qualche ora di comunione repubblicana. Mentre Sarkozy era assente (ha mandato una lettera di scuse ai famigliari dei 4 eroi nazionali), dopo aver scelto di cambiare nome all’Ump, imponendo il nome di “Repubblicani”, nel patetico tentativo di appropriarsi di un pezzo di storia comune.

Hollande ha fatto entrare nel tempio dei “grandi uomini”, quattro resistenti, tra cui due donne (il disequilibrio è palese, finora c’erano solo Marie Curie e Sophie Bertholet, al Panthéon in quanto moglie del chimico Marcellin Bertholet). Le polemiche non sono mancate: su Pierre Brossolette, in particolare, rivale di Jean Moulin nella Resistenza (anche Moulin è al Panthéon, portato da de Gaulle con un discorso passato alla storia dell’allora ministro della cultura André Malraux, anch’egli poi pantheonizzato) o su Jean Zay, ancora oggi odiato dall’estrema destra. Ma anche sulla scelta di non portare tutte donne (erano stati fatti i nomi di Louise Michel, Olympe de Gouges, George Sand, Joséphine Baker, anch’essa resistente), di non aver scelto degli stranieri che hanno contribuito alla storia di Francia (il gruppo Manouchian, per esempio) o di aver dimenticato i comunisti resistenti.

Seguito dalla Marsigliese e dallo struggente Chant des Partisans, il discorso di Hollande ha messo sotto accusa “l’indifferenza” dominante, “male contemporaneo”. Il presidente ha evocato lo “spirito della Resistenza” delle quattro personalità, che secondo Hollande hanno avuto un’eco nelle manifestazioni dell’11 gennaio scorso, dopo gli attentati di Charlie Hebdo e dell’Hyper Cacher. Hollande, un presidente che ha deluso i tre quarti dei francesi, cerca di riferirsi ad esempi gloriosi del passato per inviare ai cittadini un messaggio per l’avvenire, in questo periodo di difficoltà e di forti divisioni della società, nella speranza di riconfermare una “continuità repubblicana” nel paese. Hollande cerca nell’evocazione della Resistenza un valore rifugio per consolidare le basi traballanti di un potere sempre più contestato. “Panthéonizzare” ha sempre avuto significati politici: Mitterrand aveva portato, tra gli altri, Jean Monnet, simbolo dell’impegno europeista, Jacques Chirac lo scrittore meticcio Alexandre Dumas, come risposta al dramma del 21 aprile 2002 (Jean-Marie Le Pen al ballottaggio della presidenziale). Sarkozy aveva proposto Albert Camus, ma la famiglia aveva rifiutato.