Il 1918, anno in cui si svolgono le vicende del romanzo L’influenza delle stelle (traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini, Sem, pp. 320, euro 18,00) della scrittrice di Dublino Emma Donoghue, fu per la storia d’Irlanda un anno chiave. A tre giorni esatti dalla sua fine, il 28 dicembre, il partito repubblicano indipendentista Sinn Féin («noi da soli» in irlandese), nato tredici anni prima, stravinse le elezioni generali guadagnando 73 seggi sui 105 disponibili.

ERANO PASSATI due anni e mezzo dalla famosa Rivolta di Pasqua del 1916, sedata dagli inglesi nel sangue, e organizzata dagli Irish Volunteers e dai socialisti dell’Irish Citizen Army. Quest’ultima formazione, da alcuni considerata la prima armata rossa della storia, era nata inizialmente per difendere i lavoratori dalle violenze delle forze dell’ordine durante «la grande Serrata» di Dublino del 1913.

Ne facevano parte anche tante donne, che secondo il Presidente irlandese attuale, il socialista Michael D. Higgins «furono rivoluzionarie nel senso più pieno del termine, attente non solo all’indipendenza politica ma al generale cambiamento della società». Tra loro spiccano alcune figure in particolare, come la dottoressa Kathleen Lynn, attivista del Sinn Féin che è ricordata per aver fondato l’ospedale di St Ultan per le malattie infantili allo scopo di venire incontro ai bisogni dei bambini provenienti dagli slum, e questo in un periodo, sempre stando alle parole di Higgins, «in cui prendersi cura dei più piccoli non era tra le massime priorità della professione medica».

Lynn profuse il suo impegno anche nelle mense popolari durante la serrata del 1913, e fu in seguito ufficiale dell’Irish Citizen Army. Sul campo, fu seconda in comando alla postazione della City Hall durante la Rivolta del 1916. A rivolta finita fu arrestata e condivise la cella con quella che sarebbe stata la partner di una vita, Madelein FFrench Mullen. Con lei lavorò per decenni, dopo aver entrambe maturato una profonda consapevolezza della vita negli slum di Dublino.

KATHLEEN LYNN è una delle protagoniste del romanzo di Donoghue, una storia di donne coraggiose: una vicenda veritiera, verificabile per molti aspetti, seppur nella cornice creativa della fiction. Siamo in un ospedale per partorienti. Il contesto non è solo quello della confusione politico costituzionale di un’Irlanda che da lì a tre anni avrebbe ottenuto una parziale indipendenza, alla fine di una sanguinosa guerra d’indipendenza con gli inglesi, e poco prima di ritrovarsi catapultata in una ancor più truce guerra civile tra quanti accettarono la divisione dell’isola in due sancita dal Trattato di Pace del 1921, e quanti vi si opposero strenuamente.

Oltre a simili coordinate storiche, abbiamo nel romanzo un altro nemico incombente, umbratile, pervasivo: un nemico di ieri e di oggi, ovvero la pandemia, l’influenza spagnola che tra il 1918 e il 1920 mieté nel mondo circa cinquanta milioni di morti.

PROTAGONISTE ASSOLUTE tre donne: l’infermiera Power, la sfortunata assistente volontaria Bridie Sweeney, e la dottoressa Lynn, prestano la loro opera in condizioni disperate, consapevoli che la pandemia colpisce in maniera molto più letale le persone già provate da una vita al limite della sopravvivenza: «la cartella di Eileen Divine era già stata staccata dalla parete… avrei avuto la tentazione di scrivere “Consumata fino all’osso”. A ventiquattro anni già madre di cinque figli, denutrita erede di generazioni di denutriti, bianca come un cencio, occhi rossi, seno piatto, piedi piatti, arti come stecchi». Sullo sfondo, sempre la guerra, rappresentata in questo caso principalmente dal fratello dell’infermiera, affetto da psicosi traumatica dovuta all’esplosione di bombe in guerra.

Il libro di Donoghue è una denuncia coraggiosa, e al contempo una storia che presta naturalmente il fianco al sentimentale. Ma il sentimentale, come in certi film di Ken Loach, è parte talvolta anche della volontà di riscatto: vive della necessità di far uscire dall’ombra, persone e fasce sociali silenziate, quasi mai al centro della ribalta.
Donoghue ha consegnato il libro all’editore nel 2020, e subito dopo la definizione dell’ultima bozza, come spiega nella nota finale, «il Covid-19 ha cambiato il mondo». Ma al di là di questa fatale coincidenza, la sua opera, che come per le precedenti (si veda ad esempio Il prodigio) è scandita da un ritmo serrato, cinematografico, e restituisce un quadro socioculturale per molti dimenticato e meritevole di riscoperta.