Ibrahim Metwally torna agli arresti. Ma in realtà l’avvocato e difensore dei diritti umani non era mai mai stato liberato, nonostante l’ordine di scarcerazione arrivato lo scorso 14 ottobre. L’avviso di custodia lo ha raggiunto infatti due giorni fa mentre era ancora trattenuto senza alcuna motivazione in una stazione di polizia.

 

FONDATORE DELL’ASSOCIAZIONE delle famiglie degli scomparsi e consulente per la Commissione egiziana diritti e libertà (che collabora con i legali della famiglia Regeni), Metwally ora si trova nuovamente sotto accusa in un’inchiesta per adesione a un’organizzazione terroristica e finanziamenti al terrorismo, lui che senza alcuna pena da scontare ha passato gli ultimi due anni in detenzione preventiva nel carcere di Tora.

Metwally era stato arrestato il 10 settembre 2017 all’aeroporto del Cairo, mentre era in partenza per partecipare a Ginevra a una conferenza Onu sui diritti umani, proprio nei giorni in cui l’ambasciatore italiano tornava a insediarsi in Egitto. Sottoposto a torture e vittima di negligenza sanitaria, ha pagato e continua a pagare l’impegno per la ricerca della verità su suo figlio scomparso da sei anni e su tutti i desaparecidos egiziani.

TRA LE VITTIME DI REPRESSIONE di queste settimane c’è anche Esraa Abdel Fattah, giornalista, blogger e fondatrice del movimento 6 Aprile, che ormai da 26 giorni prosegue il suo sciopero della fame in carcere.

L’attivista, candidata al premio Nobel per la pace nel 2011, pochi giorni fa si è vista rinnovare per l’ennesima volta i termini della detenzione. Dopo aver denunciato torture e pestaggi al momento del suo arresto, Esraa insiste che proseguirà il suo sciopero finché non verrà aperta un’inchiesta sui maltrattamenti subiti e dichiara che inizierà anche lo sciopero della sete se non ci saranno sviluppi in questo senso. Le sue condizioni fisiche e psicologiche sono bruscamente peggiorate rispetto all’ultima visita, secondo quanto riferiscono i solidali dalla pagina Free Esraa che porta avanti la campagna per il suo rilascio. Lei ha fatto sapere che ringrazia tutti per la solidarietà ricevuta e chiede di continuare a sostenerla. «A volte la prigione spaventa le persone e le annienta – scrive Khaled Ali, parte del team di legali che assiste Esraa -. Altre volte tira fuori l’energia per combattere e resistere».

E a conferma che ormai neppure gli esponenti più in vista dell’attivismo civico e politico sono risparmiati dal pugno duro del regime è di pochi giorni fa la notizia dei ripetuti attacchi subiti da Gamal Eid, direttore dell’Arabic Center for Human Rights Information, una delle più importanti e storiche organizzazioni egiziane per i diritti. Vittima di un pesante pestaggio da parte di uomini armati avvenuto il 10 ottobre, che lo ha lasciato con diverse costole rotte e numerose ferite, Eid ha denunciato a fine ottobre di aver ricevuto una raffica di telefonate minatorie, alle quali è seguito un devastante atto vandalico contro la sua auto. «Questo è un atto da criminali – ha dichiarato – Non fermeremo il nostro lavoro umanitario e legale, e non rimarremo in silenzio davanti ai vostri crimini».

IL RECENTE ACCANIMENTO nei confronti dei dissidenti rientra nella campagna repressiva in atto nel paese dal 20 settembre, quando una serie di proteste popolari senza alcuna direzione politica hanno invaso le strade di diverse città. Da allora oltre 4000 persone sono state arrestate. Nella rete sono finiti giornalisti, avvocati, esponenti politici di primo piano, ma anche gente comune prelevata arbitrariamente per strada, compresi circa un centinaio di minorenni.

È la più vasta ondata di arresti da quando al-Sisi è al potere. In molti sono stati liberati, ma la maggior parte delle persone resta indagata con accuse pesanti in un’unica maxi-inchiesta. Diverse decine di persone inoltre risultano ancora scomparse.