Chiaro che il momento di maggior fremito per il pubblico è l’ingresso sul palco, al proscenio, dell’ottantacinquenne studioso del linguaggio. E agitatore politico. Conversazioni con Chomsky è il titolo di questa azione musicale con video firmata dal compositore Emanuele Casale. Nella nuova versione – la prima, del tutto diversa sia per i materiali sia per gli interpreti, è stata presentata nell’ottobre 2010 al festival Aperto di Reggio Emilia – il celebre personaggio viene acquisito nel cast. D’altra parte è la star del Festival delle Scienze 2014 al Parco della Musica! Lui ha accanto come intervistatore il professor Simone Gozzano, chomskiano che ha anche modo di esporre le sue convinzioni in tema di beni comuni.

Subito ascoltiamo uno scampolo delle tesi di Chomsky, con la traduzione simultanea di una signora tanto musicale da poter essere fruita come voce recitante. «Il linguaggio è quella proprietà essenziale che definisce gli esseri umani… Senza regole non può esserci atto creativo, solo casualità (i musicisti aleatori e anche il fantasma di John Cage si agitano nell’ombra)… Alcune regole impediscono la creatività, altre l’agevolano (si immaginano sospiri di sollievo)». È sempre lui, aperto e dogmatico nello stesso tempo. «Chi detiene il potere cerca di limitare il linguaggio». Su questo punto Michel Foucault avrebbe da dire la sua, ma l’opera prevede più avanti uno scambio Chomsky-Foucault, registrato, che gira attorno al concetto di natura umana, concetto che a Foucault non risulta molto gradito.

Ma qui conta la musica. Conta la scenicità video. Fare ipotesi su quanto i due fattori abbiano una sintonia col pensiero di Chomsky è difficile. Diciamo che Casale in questa occasione (con la collaborazione del videoartista Igor Renzetti) mostra l’aspetto più vario, leggero, non disciplinare, immaginifico e irrequieto del suo stile compositivo. Tutte cose che vanno d’accordo con il teorico lineare della Grammatica Universale? Forse no. Ma sono assai graditi, stimolanti, gli incastri tra i piccoli comizi, gentili/fermi, di Chomsky contro il neoliberismo, i burocrati di Bruxelles, i comitati d’affari «che decidono per te», il governo Monti, e le parti della vocalista Diana Torto, del Pmce (Parco della Musica Contemp. Ensemble) diretto da Tonino Battista, le apparizioni continue fantasiose dei video che alternano lezioni della classe di Gozzano sui poteri fondanti del linguaggio a scomposizioni e montaggi di ambienti pop, foto di leader politici, lettere dell’alfabeto.

L’avvio, quasi un preludio, di questa «talk-opera» è assai suggestivo. Radi colpi secchi di percussioni e un nastro che diffonde frammenti di suoni tipo chiacchiericcio, poi l’ensemble (3 clarinetti, due flauti, 5 archi, percussioni) in «ostinato» fluido. Il lavoro entra nel merito con un video che raffigura Hugo Chavez in un elogio di Chomsky e con un altro video che mostra un bambino nelle sue prime fasi di apprendimento del linguaggio. E questi video aprono a un’aria della vocalista (bravissima) su uno scheletrico testo che esemplifica due tipi di frasi: una corretta sintatticamente e anche nel significato, l’altra priva di significato (s’intende nella normale accezione della convenzione linguistica parlata) ma pur corretta sintatticamente. Eccole: «Il mio prato è verde» e «Idee verdi incolori dormono furiosamente».

L’intento didattico però svanisce, non ci si pensa più, perché la melodia è di squisita fattura e di fascinosa sventatezza, crea un incantamento insieme ai suoni cangianti e sognanti dell’elettronica. È questo uno dei punti del lavoro di Casale in cui si pensa a un’aura comune con il compianto Fausto Romitelli. Per via dell’allucinato lirismo e del tipo di sonorità che esce dal connubio acustico-sintetico. Forse è giunta l’ora di trascurare ogni possibile tentazione didascalica dell’opera. Per goderne i notevoli pregi di invenzione sonora e visiva.

Vediamo in video Bush che annuncia l’attacco all’Iraq miscelato con volteggi di bandiere Usa e ascoltiamo una nuova aria, «Il nemico è X»: la preziosa Diana Torto accompagnata dagli strumenti e dall’elettronica. Il canto è fatto di brevi segmenti, la melodia è persa, sonnambulica. Arrivano altre meraviglie. Un’aria ritmata sillabica, sequenze agitate un po’ minimal di tutta la piccola orchestra. E un finale da ricordare: fasce sonore intime-lunari scorrono insieme a un pit-bull nerissimo in video, inquadrato in un cerchio, aspetto non tanto feroce, che abbaia senza il sonoro del suo linguaggio. Niente didascalismi, ma questo sembra proprio il capitale finanziario che ci azzanna in silenzio.