Il poliziotto semplice Reniji Kikukawa, uscito dalle pagine del manga La canzone della talpa di Noboru Takahashi e,riconoscibile per la invidiabile cresta di capelli e per l’abbigliamento leopardato, ha ottenuto la sua posizione di agente sotto copertura incaricato di entrare nel mondo degli yakuza e scoprire il traffico di droga, grazie alla sua sicurezza nel decidere cosa è bene e cosa è male, ma soprattutto perché è indisciplinato e disobbediente.

Proprio come doveva essere Takashi Miike, il regista di The Mole song – Undercover Agent Reniji che ebbe un bel po’ di problemi a scuola che frequentava solo sporadicamente e anche alla scuola di cinema, allievo di Imamura. Se ne andò infatti a fare la televisione e a produrre i suoi film estremi, decisamente splatter, toccando in maniera scostumata i principali tabù giapponesi fino a raggiungere la fama internazionale con film come 13 Assassins e la candidatura alla Palma d’oro lo scorso anno per Wara no tate.

In realtà Takashi Miike avrebbe voluto diventare un campione di moto dove per vincere bisogna avere talento («non come fare il regista che possono farlo tutti, basta trovare i soldi») e in questo film si concede di mettere in scena un bikers assai temibile dalla pelle completamente tatuata a macchie di leopardo. Storia di amicizia, di lealtà e tradimento, non solo di azione inarrestabile, ma soprattutto di invenzioni visive scatenate, dal complotto alla perdita della verginità (la sua), dai cori dei poliziotti, dalle incredibili prove di iniziazione, alle armi contundenti (la migliore è due posaceneri di cristallo dentro un collant da roteare), gli amici fedeli, i soci infidi, i nemici demenziali, i cani pusher e tutto l’immaginario giapponese.

Così tipico che il regista si stupisce e si compiace di come possa venire apprezzato all’estero. Una voce fuori campo inizia pacatamente a raccontare: «Fino a pochi mesi fa ero un poliziotto di quartiere” che rende preparati alla visione di un ennesimo noir, per essere subito scaraventati in un’avventura visionaria, dal turbinio di collage, alle invenzioni sempre inaspettate, al cuore classico della vecchia mafia giapponese con i suoi rituali (subito stravolti da Reniji), alle incredibili citazioni.

Come una simulazione di un Cristo del Mantegna completo di resurrezione: da un telo bianco è infatti ricoperto il suo «fratello» di yakuza Crazy Papillon che sembrava morto ma riavrà invece le sue gambe grazie a protesi meccaniche d’acciaio. E, promette Reniji (interpretato da Toma Ikuta, detto anche Tomasu in uno show televisivo e molto celebre cantante in patria), non è finita qui: ci saranno altre puntate…