Tutto rinviato di qualche giorno: a settima sezione del Tribunale civile di Napoli presieduta dal giudice Gian Piero Scoppa si è riservata la decisione sull’istanza di revoca presentata dai legali del Movimento 5 Stelle sulla sospensione dello statuto e dell’elezione a presidente di Giuseppe Conte che era stata decisa lo scorso 7 febbraio dopo che tre iscritti, rappresentati dall’avvocato Lorenzo Borrè e sostenuti da diversi altri attivisti, avevano contestato l’esclusione dalle votazioni degli iscritti da meno di sei mesi e, di conseguenza, il mancato raggiungimento del quorum per l’elezione di Conte.

Beppe Grillo aveva sostenuto in tempi non sospetti, erano i giorni della sua rottura con Conte, che dal punto di vista regolamentare qualcosa non quadrava. Appreso della sospensione, ormai quasi un mese fa, avrebbe voluto ritornare alla piattaforma Rousseau, almeno per una votazione risolutiva prima di riprendere il cammino del nuovo corso intrapreso da Conte. Poi, dopo aver tenuto a rapporto alcuni esponenti del M5S, ha deciso di accogliere la richiesta del nuovo leader (e avvocato): presentare ricorso e andare avanti come se nulla fosse. Così s naviga a vista da qualche settimana, anche se questa strategia semina più di un dubbio tra gli stessi grillini, seppure a microfoni spenti.

Secondo le otto pagine dell’istanza di revoca depositata dai tre legali del Movimento 5 Stelle, per sanare la vicenda basterebbe un documento ripescato nella casella email dell’allora presidente del consiglio di garanzia Vito Crimi: è uno scambio con Luigi Di Maio (che era capo politico) e che contiene un verbale nel quale si sarebbe deciso che alle successive consultazioni online gli iscritti da meno di sei mesi non avrebbero potuto votare. Siccome per la revoca dell’ordinanza, in base al codice di procedura civile, occorre che si menzioni un fatto che è sopravvenuto alla sospensione, gli avvocati dei 5 Stelle sostengono che questa decisione regolamentare era perfettamente nota a tutti nel Movimento 5 Stelle ma ignoto a Conte, perché lo stesso Crimi si era dimenticato di comunicargliela. In sede di memoria difensiva, l’avvocato Borrè avrebbe fatto notare proprio la stranezza di questa circostanza ai magistrati: come mai Conte, che peraltro è un avvocato, non ha ritenuto di interpellare il comitato di garanzia per avere informazioni sul regolamento che pure il M5S considerava in vigore? I giudici su questo devono esprimersi.

La decisione del tribunale potrebbe arrivare anche prima del 10 e 11 marzo prossimi. Cioè dei giorni in cui è fissata la nuova votazione sullo statuto del M5S, che ribadisce i cambiamenti proposti da Conte e apporta le correzioni necessarie ad accedere al finanziamento del 2 per mille richieste dalla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e controllo dei rendiconti dei partiti politici.. Tuttavia, se il tribunale non dovesse accettare l’istanza di revoca, anche questa votazione rischierebbe di essere bollata irregolare. Per due motivi su tutti: si tiene sulla piattaforma SkyVote (e non su Rousseau come prevede lo statuto originario, quello che si vuole modificare) e si escludono ancora una volta gli iscritti da meno di sei mesi. C’è un ulteriore elemento a ingarbugliare la situazione e incrociare le diverse tensioni tra i 5 Stelle: lo statuto rimesso ai voti da Conte non contiene alcun riferimento al tetto dei due mandati. E visto che le regole che disciplinano le candidature sono parte dei requisiti richiesti dalla commissione che valuta sul 2 per mille, questa scelta potrebbe non essere causale.