Simbolo della Passione (la leggenda narra che, nell’estrarre le spine dalla corona di Cristo, rimanesse ferito macchiandosi per sempre del suo sangue), il cardellino è stato fonte d’ispirazione per tantissimi artisti, da Raffaello nel famoso dipinto Madonna del cardellino a Vivaldi che cercò di imitarne il canto nel concerto per flauto Il Gardellino.
In Regione Lombardia qualcuno gli vuole sparare.

Nel mezzo di una pandemia in cui non ha certo brillato per la gestione dell’emergenza, nella Regione del Presidente Fontana si trova il tempo per l’ennesimo attacco alla fauna selvatica: tra norme che rendono più difficile il contrasto al bracconaggio e richieste di caccia in deroga su diverse specie, come appunto il cardellino, non passa giorno senza che uno sparuto gruppo di politici regionali non lavori per tutelare gli interessi delle frange più estremiste di cacciatori «sparatutto», in palese violazione delle norme di tutela di animali e ambiente e calpestando tante sentenze di Tar e Consiglio di Stato. È di pochi giorni fa l’approvazione di una Delibera per consentire la caccia degli uccelli migratori nei valichi montani che per legge devono essere vietati alla caccia, mentre si prospetta un’altra raffica di modifiche alla Legge Regionale n. 26/93, probabilmente la legge più «manipolata» della storia, sempre con l’intento di stravolgere il già difficile equilibrio tra il valore primario della tutela della fauna e la concessione di esercitare l’attività venatoria: si torna così a ipotizzare la riapertura degli impianti di cattura con le reti (roccoli), nonché nuove deroghe sui piccoli uccelli protetti. Il cacciatore e consigliere regionale della Lega Nord, Floriano Massardi, ha presentato una proposta per la caccia a cardellino, verdone, lucherino, fringuello, peppola, frosone, pispola, storno e tordela. Un bel passo indietro di 50 anni che consentirebbe l’uccisione di piccoli uccelli canori, le cui popolazioni sono in costante declino, ma anche una perdita di tempo e di denaro pubblico dopo la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea sulle catture in Francia che ha messo la pietra tombale sulla questione.

Come se non bastasse, le associazioni venatorie hanno chiesto alla Giunta Regionale di modificare le norme che regolano il possesso di richiami vivi per la caccia, finendo così per agevolare il commercio illegale di uccelli e il bracconaggio. Per chi rappresenta i cacciatori lombardi i controlli delle forze dell’ordine provocherebbero «sconcerto e forte insicurezza» tra i loro affiliati: che è un po’ come chiedere l’eliminazione di semafori e limiti di velocità nelle strade per non «sconcertare» gli automobilisti scorretti.

Non usano mezze parole le associazioni ambientaliste e animaliste lombarde, parlando di «inaccettabile servilismo nei confronti di una lobby venatoria pronta a chiedere di violare la legge pur di uccidere sempre di più». Del resto il legislatore regionale sa bene che, ad esempio, la protezione nei valichi non è una facoltà, ma un obbligo derivante dalla legislazione comunitaria e da quella nazionale del 1992, eppure continua a introdurre deroghe per consentire il massacro di uccelli in luoghi di passaggio obbligatorio durante la loro migrazione. E così le Associazioni chiedono a consiglieri, dirigenti e funzionari regionali «il ritorno alla legalità, ognuno per il proprio ruolo: dopo anni di sudditanza nei confronti dell’estremismo venatorio, la Regione Lombardia metta al centro della sua azione le politiche ambientali e la tutela della fauna, bene indisponibile dello Stato, e non accontenti uno sparuto gruppo di cittadini, portatori di interessi privati, e allergici alle regole e alla civiltà».