Donato Carrisi è autore di thriller che diventano bestseller. Non è un merito da poco nel panorama letterario italiano piuttosto sparagnino. Tra i suoi romanzi La ragazza nella nebbia ha spopolato e si dice fosse nato come sceneggiatura. Inevitabile quindi che diventasse un film. Non era invece inevitabile che fosse lo stesso Carrisi a curarne la regia. Eppure.

 

Chiamati a dare spessore al cast Toni Servillo, ispettore che si pavoneggia, Jean Reno, psichiatra in un mondo chiuso, Alessio Boni, insegnante sospettato, cui si aggiungono altri interpreti alcuni eccellenti, altri improbabili anche perché le battute scritte sono una cosa, recitate un’altra. Il racconto, un lungo flashback su sfondo montano con una sedicenne sparita, prima avvince, poi si contorce farcito di riferimenti e/o citazioni di maestri.

 

Buffi i cappelli alla Fargo dei poliziotti, banale l’Overlook hotel di Shining, oltre all’atmosfera alla Twin Peaks e il giochino potrebbe continuare, ma quel che non convince è proprio il tentativo di stupire che si sovrappone al racconto filmico e lo sminuisce.