Se l’anno passato l’animazione giapponese aveva visto your name di Makoto Shinkai distruggere ogni record d’incassi e In this Corner of the World di Sunao Katabuchi come il lungometraggio preferito (animazione e non) in molte liste di fine anno, compresa quella di chi scrive, il 2017 si preannuncia altrettanto vibrante. La prima uscita degna di nota nei teatri giapponesi è Hirune Hime: Shiranai Watashi no Monogatari che è nelle sale dell’arcipelago dallo scorso 18 marzo in corrispondenza delle vacanze di primavera. Si tratta di un lungometraggio animato diretto da Kamiyama Kenji, autore noto al pubblico di appassionati per essere stato dietro alla macchina da presa di tre serie animate ambientate nell’universo di Ghost in the Shell e per aver diretto 009 Re: Cyborg, lungometraggio su cui torneremo più avanti.

Hirune Hime, il cui titolo internazionale è significativamente Ancien and the Magic Tablet, è con molta probabilità uno dei primi lavori, se escludiamo il «preveggente» Akira di Katsuhiro Otomo, ad essere ambientato ed avere come elemento fondamentale della storia le prossime Olimpiadi di Tokyo del 2020. Siamo nella prefettura di Okayama, nel Giappone meridionale, nella piccola cittadina costiera di Kurashiki, dove Kokone, all’ultimo anno di scuola superiore, vive con il suo taciturno padre, che per sbarcare il lunario ripara automobili.

La ragazza non ha mai visto la madre, scomparsa in circostanze misteriose quando lei era ancora piccola, ed ha un carattere molto naif, si appisola spesso e finisce per sognare sempre lo stesso sogno, in un universo parallelo steampunk, Kokone è una principessa pirata che assieme al padre e ad un orsetto parlante, cerca di sconfiggere degli esseri giganti. La quotidianità apparentemente tranquilla della vita dei due viene drasticamente a cambiare quando il padre viene arrestato ed il sogno di Kokone sembra mescolarsi con la realtà, il segreto, anche quello della madre, sembra essere custodito in un tablet.

Kamiyama, che è qui anche autore del soggetto realizza un lungometraggio che ha molti spunti interessanti, l’ambientazione rurale dove la tecnologia è oramai parte della vita di ogni giorno, cosa che già succede nella nostra contemporaneità per altro, gli amici di Kokone, ad esempio, indossano spesso degli occhiali di realtà aumentata, una descrizione che ricorda molto da vicino l’ottimo Summer Wars di Mamoru Hosoda. In questo contesto, la caratterizzazione della protagonista, dalla voce allo sviluppo del personaggio, è molto riuscita, ancora una volta l’animazione giapponese predilige protagoniste femminili, da Miyazaki a Ghost in the Shell fino ai lavori di Hosoda e del già citato Shinkai, la lista è praticamente infinita.

Purtroppo il lungometraggio scade di tono e non riesce a mantenere le premesse quando la storia entra nel suo vivo, alcune idee e soprattutto il modo in cui esse sono trasposte sullo schermo sembrano poco originali ed alquanto trite, il tablet come elemento narrativo centrale non convince appieno e sembra un po’ forzato. Anche il modo in cui l’universo dei sogni di Kokone viene realizzato non è memorabile, Kamiyama e soci potevano fare decisamente di più, soprattutto dal punto di vista visivo, 009 Re:Cyborg, il debutto di Kamiyama, era anch’esso imperfetto e caotico, ma nella sua poetica follia aveva un senso e sprazzi visuali di grande impatto. Ciò detto, Hirune hime resta un lavoro con notevoli spunti degni di riflessione, un lungometraggio che magari può funzionare di più verso un pubblico adolescenziale o pre-adolescenziale, target a cui forse mirava.

matteo.boscarol@gmail.com