La storia della sedicenne Malala, la più giovane candidata al Nobel per la pace, viene raccontata a partire dal suo diario, scritto per la Bbc, da due documentari che ripercorrono la sua vita e da una serie di interviste. Per l’Italia, si è incaricata di narrarla la giornalista Viviana Mazza (Mondadori, pp. 181, euro 14.90) cercando un linguaggio in grado di conquistare i teenager. A fare compagnia alle parole, ci sono le illustrazioni di Paolo d’Altan.

Malala Yousafzai, nata in Pakistan, ha creduto fin da piccola al diritto allo studio delle donne e, per averne parlato troppo in giro porta ancora i segni sul suo gracile corpo. Un giorno, alcuni talebani armati sono saliti sul pullman che da scuola la stava riportando a casa e la ragazza è stata gravemente ferita. Purtroppo per loro, è sopravvissuta al tentativo di assassinio e, il 12 luglio, il suo discorso alle Nazioni Unite ha raggiunto le case di tutto il mondo, comprese quelle del suo paese: avvolta in un velo rosa e bianco, puntando il dito davanti a sé come fosse una ammonizione universale, ha fatto appello ai leader dei governi affinché si impegnino per l’istruzione gratuita e obbligatoria ai bambini di tutto il pianeta.

Il romanzo si apre proprio sul momento drammatico dell’attentato. Malala chiacchiera con le sue amiche, Laila e Zakia, quando d’improvviso un uomo con la barba sale sul pullman e le scarica addosso l’intero caricatore della pistola. I soccorsi in elicottero la salveranno. Poi, c’è un flashback e si torna indietro con la storia, quando – è il 2009 – i talebani decidono, diramandolo in comunicati radiofonici illegali, che nessuna ragazza dovrà più studiare. Da quel giorno, andare a scuola diventa un incubo: lungo la strada può accadere di tutto, anche di essere sfigurate con l’acido.

Malala frequenta la settima classe, impara l’hurdu e la lingua dei pashtun, un po’ di arabo e soprattutto si nutre di poesie. Evade dalla realtà che si è incupita e che ha ridotto la sua città a un deserto scarnificato. Le donne non possono neanche più andare al mercato. Il bazaar è luogo proibito e, nelle strade intorno, continue esplosioni squarciano il silenzio. Fino a quando arriva l’ultimo giorno di scuola concesso alle ragazze e Malala entra nel tunnel delle vacanze eterne.

Per fortuna, suo padre decide di portare la sua famiglia fuori città. Si viaggia per dimenticare l’oppressione e la noia. Ma anche altrove, le donne sono infagottate in corazze colorate (è il burqa). Al tg, una sera, Malala vede la sua bella valle di Swat percorsa da camion affollati di gente in fuga. È tempo di tornare indietro, riappacificarsi con il proprio mondo, vedere cosa succede. «Esercito, talebani, missili, artiglieria, polizia, elicotteri, morti, feriti»: sono questi i vocaboli del nuovo Pakistan. E Malala potrà tornare a scuola, solo incarcerata nel burqa. «Devo fare politica per servire il mio paese» annuncia la bambina entusiasta. E sua madre le fa il dono più bello, autorizzandola a essere se stessa: «Lo sai, puoi fare quello che vuoi della tua vita»

La rubrica EverTeen tornerà in settembre. Buone vacanze a tutti