Come vogliamo vivere? Politica del fotomontaggio: si apre con una domanda apparentemente banale la grande mostra consacrata alla designer, architetta e fotografa francese Charlotte Perriand nelle fredde ma suggestive stanze del capitalismo che altro non sono se non i magazzini della catena di supermercati Monoprix e che per il festival internazionale Rencontres de la Photographie di Arles (visitabile fino al 26 settembre) da alcuni anni si trasformano in luogo d’arte e sperimentazione.
Perriand è una figura non troppo nota oltralpe ma incredibilmente interessante e attuale per via del suo eclettismo e capacità di portare il disegno di un mondo migliore all’interno delle sue opere (il manifesto ne ha scritto il 31 ottobre 2019 in occasione della personale alla Fondazione Vuitton).

L’AUTRICE CREBBE nell’atelier Le Corbusier dove tra il 1927 e il 1937 lavorò come interior designer, realizzando mobili e oggetti. Ma la sua professione legata alla produzioni di oggetti di arredamento e consumo non limitò affatto la curiosità con cui guardava al mondo e alle trasformazioni sociali.
Lo testimonia il passaggio di una bozza di lettera indirizzata nel 1936 al suo compagno Pierre Jeanneret nella quale l’architetta afferma che per avvicinare le masse ai progetti di trasformazione sociale proposti dagli architetti più engagés «bisogna fare amare al popolo quello che facciamo». Una dichiarazione di intenti.
Charlotte Perriand è, fin dagli inizi della sua carriera, una creativa militante che difende il ruolo sociale della sua disciplina all’interno di diverse organizzazioni come i Congressi Internazionali di architettura moderna di cui è segretaria dal 1935. Dalla metà degli anni venti pratica la fotografia in modo amatoriale, seguendo lo sviluppo della corrente Nouvelle Vision nata fra Berlino e l’Urss che mette in discussione le regole acquisite della pratica allora tradizionale. Ma eccetto qualche rara pubblicazione e una mostra, l’interesse di Perriand si dirige fin da subito verso la raccolta di documentazione, la costituzione di un incredibile e personale archivio di immagini.
Fotografie di oggetti trovati, art brut, tipologie di abitazioni che ispirano i suoi progetti di disegno d’interni ispirati alla natura. Saranno poi i soggiorni in Unione Sovietica nel 1932 e 1934 a rappresentare un punto di svolta nella ricerca dell’artista. Anche se permangono perplessità sulla censura e la condizione di povertà di parte della popolazione russa, la capacità comunicativa della propaganda sovietica e le innovazioni grafiche rivoluzionare dei manifesti comunisti portano Charlotte Perriand a immaginare un nuovo modo di comunicare con la fotografia. Il fotomontaggio – agli occhi dell’artista – altro non è che uno straordinario strumento per suggerire il cambiamento sociale.
Complice una passione per il collezionismo di immagini, ritagli, oggetti e grafiche, l’architetta costruisce vere e proprie opere monumentali.
La prima occasione che si presenta è la terza edizione dell’Exposition de l’habitation del 1936 con l’opera La grande misère de Paris. Qui Perriand realizza un enorme fotomontaggio con l’aiuto di alcuni suoi amici artisti che condividono le sue convinzione politiche.

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NELLA RASSEGNA ai Rencontres di Arles, curata da Damarice Amao con la complicità di Sébastien Gokalp e gli Archivi Charlotte Perriand, si ricostruisce quest’opera mastodontica. Sedici metri di lunghezza e tre di altezza con una prosecuzione di otto metri per cinque. Charlotte Perriand mischia sue immagini con fotografie di altri colleghi, insieme a testi e articoli di giornale. Replicando in grande formato l’impaginazione dei magazines dell’epoca.

IL FOTOMONTAGGIO comincia con una requisitoria fortissima sulle condizioni di vita degli abitanti dei quartieri più poveri della città. Le genti degli ilôts insalubres. Mortalità infantile, inquinamento, sfruttamento della donna. La composizione dell’opera evolve poi verso un quadro idilliaco in cui si immagina un futuro migliore dove le auspicate riforme sociali porteranno cambiamenti radicali nella vita quotidiana del popolo. Il fotomontaggio è un vero e proprio choc per i visitatori e l’accoglienza presso gli organizzatori del Salone è fredda, anche a causa del timore per il forte carattere rivoluzionario dell’opera.
La seconda monumentale ricostruzione in mostra è il fotomontaggio del 1937, nato grazie all’idea dell’allora ministro dell’Agricoltura del Front Populaire Georges Monnet che vuole integrarlo nell’Esposizione internazionale delle arti e delle tecniche della vita moderna a Parigi. La struttura misura quasi quaranta metri di diametro ed è realizzata insieme al pittore Fernand Léger. Su un impianto colorato e grafico, Perriand inserisci i suoi fotomontaggi che raccontano i benefici di una modernità progressista nella trasformazione della vita rurale. Si fa leva su statistiche, dati e ricerche per dimostrare come una politica sociale radicale possa realmente essere incisiva laddove le sorti dei paysans francesi restano precarie. Notevole il numero di collaborazioni di altri fotografi che riesce a ottenere l’architetta francese grazie alle sue idee politiche. Denis Bellon, François Kollar, René Zuber fra gli altri.

MA FORSE LA RIPROPOSTA più particolare è quella della sala d’aspetto del ministero dell’Agricoltura. Le immagini in bianco e nero (visibili in mostra a testimonianza dell’opera) rivelano la modernità eccezionale di quel lavoro. Lì si racconta il programma del Front Populaire che si declina in una serie di proposte politiche per una maggiore giustizia sociale nelle campagne. La narrazione segue lo stesso ritmo di quella già impiegata nella Misère de Paris. Due muri che contrappongono lo stato di fatto dove la speculazione e la rendita terriera mettono in ginocchio gli agricoltori con a fronte una ricostruzione idealizzata in cui l’ambiente rurale riprende vita grazie a uno sviluppo economico sostenibile.
È di cruciale importanza ri-scoprire il lavoro di Charlotte Perriand nel 2021. Una artista che non ha mai smesso di porsi la domanda. Come dobbiamo vivere ? E all’apparente banalità della questione consegnava forse la risposta più complessa.