C’è una ragazzina sola che va in giro con la sua 500 scoperta e il fedele magnetofono Uher per Lucchesia. Mugello e zone della montagna pistoiese a chiedere di casa in casa vecchi motivi, stornelli, rispetti, ninne nanne, canti d’osteria, lamenti carcerari e filastrocche. Quella ragazzina felice, soprannominata raccattacanzoni, è Caterina Bueno, ai tempi ventenne, una delle più grandi interpreti e ricercatrici del canto popolare tradizionale e contadino in Italia.

«ERO CONSAPEVOLE di stare salvando un pezzo di mondo di cui oggi non resterebbe traccia. Nelle altre regioni c’è stata più continuità, ma in Toscana bisognava cercare, chiedere, entrare nell’intimità delle famiglie, vincere la diffidenza della gente. Quello che alla fine convinceva tutti era il desiderio di testimoniare, di mantenere viva la memoria». AI festival dei popoli di Firenze è stato presentato Caterina, il documentario di Francesco Corsi su questa persona straordinaria, etnomusicologa, artista e attivista politica, scomparsa nel 2007 (e proprio un generoso crowfunding avviato nel decennale della morte ha permesso quest’omaggio filmato che arriverà in sala nel febbraio 2020 distribuito da Kinè).

ATTRAVERSO frammenti di diversa natura, esibizioni televisive e dischi introvabili, racconti di collaboratori e immagini inedite, si snodano le tappe della sua vita divisa tra ricerca e spettacolo che l’ha fatta incrociare il cammino con alcuni tra i più importanti intellettuali dell’epoca come Dario Fo, Pier Paolo Pasolini, Umberto Eco e artisti come Giovanna Marini, Fausto Amodei e Francesco De Gregori (che l’ha accompagnata in alcuni concerti negli anni ’70 e le dedicherà la canzone Caterina). Giovanissima, ha partecipato a due spettacoli importanti nella storia culturale del nostro paese, Bella Ciao (festival di Spoleto, 1964) e Ci ragiono e canto (1966). Il filo conduttore è la sua voce inconfondibile, forte e chiara, con una vena malinconica, che s’impenna tra interviste radiofoniche, spiegazioni e dichiarazioni e ovviamente canzoni. Maledizioni, Sante Caserio, Battan l’otto (ritrovata dalle parti di S.Giovanni Valdarno, probabilmente nata in galera ascoltando il rintocco delle ore, pensando alla propri famiglia e sperando nella rossa bandiera e nell’anarchia), il lamento del contadino (la dura vita di un povero bracciante sfruttato) e poi canti d’emigrazione (Italia mia mostrati gentile), di scioperi, di lotte disperate, di un passato antico della gente comune, verso la quale aveva una vorace curiosità e una profonda vicinanza.

«SI CANTAVA per ogni cosa, s’improvvisava sui fatti del giorno, sugli avvenimenti più importanti della comunità. Tanti canti popolari li ho scovati seduta ai tavoli dei circoli, delle case del popolo, dei centri sociali chiacchierando con gli anziani»

Anticonformista, militante folk impegnata in mille battaglie sociali, ci ha lasciato un patrimonio di registrazioni e trascrizioni, un tesoro della memoria contadina e operaia toscana (donato all’Archivio di Stato), recuperando molti brani che venivano tramandati oralmente. Ha calcato a lungo palcoscenici italiani e internazionali, circondata da giovani musicisti che hanno conservato la sua lezione, come Riccardo Tesi e Maurizio Geri, autori di un album doppio di sue canzoni reinterpretate, o il chitarrista Alberto Balia al lavoro con la band sardo-senegalese Chadal riscoprendo e aggiornando canti d’emigrazione o le preziose testimonianze dei suoi tradizionali compagni, la liutista californiana Jamie Marie Lazzara, Andrea Fantacci, Giovanni Bartolomei, Samuele Venturini e Valentino Santagati, presenti in questo documentario.