Pina, stammi a sentire: se io sbaglio questo voto questa volta va a finire che non mangiamo e non mangiate per una decina d’anni!». L’invocazione del ragionier Ugo Fantozzi risuona oggi nei toni esasperati degli appelli via Facebook e nell’indignazione un tanto al byte dei social network. Nel 1983, l’anno di Fantozzi subisce ancora, il personaggio interpretato da Paolo Villaggio preconizzò l‘information overload della nascente politica televisiva.

IL PROCESSO di propaganda permanente è una delle genealogie che Rinaldo Mattera descrive nel saggio Grillodrome (Mimesis, pp. 212 , euro 20) per raccontare la situazione contemporanea, analizzare la drammatizzazione del «penultimatum» continuo e osservarla attraverso il caso paradigmatico del Movimento 5 Stelle.
Il libro cita nel titolo un altro film uscito nello stesso anno: in Videodrome David Cronenberg rappresentò il farsi carne della tecnologia catodica. Sempre nel 1983, un altro ragioniere genovese si impose una volta per tutte al grande pubblico. Commentando i fatti dell’attualità, in Buone notizie Beppe Grillo conduceva la sua rubrica all’interno del contenitore nazionalpopolare per eccellenza della televisione pubblica: Domenica In.

Il Movimento 5 Stelle suscita reazioni altalenanti presso gli osservatori delle cose della politica, che siano opinionisti o dirigenti di partito. Dapprima ignorato come fenomeno passeggero, poi divenuto oggetto di attenzioni superficiali. Esaurito il noioso (e soprattutto poco efficace, come hanno dimostrato i fatti) repertorio dell’antiberlusconismo, un pezzo di ex ceto medio riflessivo non ancora proletarizzatosi ha adottato il mantra dell’antigrillismo.

ALLO STESSO MODO, intellettuali e opinionisti oscillano con disinvoltura tra l’elogio acritico (nella speranza di ritrovarsi in sintonia con lo spirito del tempo) e la demonizzazione monotona (ergendosi a difensori della civiltà contro i supposti barbari pentastellati). Tuttavia, concentrando l’attenzione su aspetti evidentemente reali del grillismo quali la sua natura aziendale, il culto del capo e la mancanza di trasparenza rischiamo di perdere l’occasione di comprendere come il successo del Movimento 5 Stelle risponda a quello che Zygmunt Bauman chiamava «carnevale della democrazia» («Gridano tutti gli stessi slogan ma hanno aspettative deluse diverse», disse il sociologo polacco a proposito delle masse liquide digitali).

IL LIBRO DI MATTERA ha il merito di partire dal contesto e di storicizzare: per non scadere nel pensiero debole è sempre utile l’adagio molto marxiano di Fredric Jameson: «Always historicize». Dunque, Internet non è il mondo nuovo che seppellisce il vecchio, piuttosto funziona come «un super-medium che ha inglobato e rimodellato tutte le forme precedenti». Adesso che attraverso le connessioni mobili possiamo fruire di contenuti nell’arco di tutta la giornata, dall’on-line sia passati all’on-life. I segretari dei partiti politici che perseguitavano il ragionier Fantozzi raggiungono una dimensione ancora più totalizzante, compaiono nella timeline (il tempo-della-vita) di Facebook, mettono in scena la loro normalità, canalizzano rancori, frustrazioni, voglia di partecipazione. Il format messo in piedi da Grillo, sostiene l’autore, tiene insieme nazionalpopolare e regressione delle culture digitali, «riscrive le connessione neurali attraverso il cortocircuito comunicativo della metafora, la catarsi collettiva scenarizza la politica e teatralizza la partecipazione pubblica verso un nuovo livello di popultainment».