Dodici anni dopo Termini Imerese torna a stringersi ancora una volta attorno ai 1.200 operai della Fiat e delle aziende dell’indotto, il cui futuro è appeso a un filo. Da novembre del 2011 la fabbrica è chiusa e per le tute blu il lavoro in catena di montaggio è diventato ormai un ricordo: da due anni sono in cassa integrazione e ci resteranno ancora per altri 4 mesi, ma senza soluzioni industriali, lo spettro del licenziamento è concreto. Una manifestazione così imponente non si vedeva dal 2002, quando la chiusura della fabbrica siciliana del Lingotto era solo un’ipotesi. Oggi , invece, è la realtà. Ancora una volta la città è tornata a scioperare «perché la crisi della Fiat è un dramma per tutti, ha messo in ginocchio il territorio, non fa sconti a nessuno», dicono i promotori.

Migliaia di persone, cinquemila, secondo i sindacati, hanno partecipato alla mobilitazione generale organizzata da Fim, Fiom e Uilm, alla vigilia della riunione al ministero dello Sviluppo economico, che avrebbe dovuto svolgersi questo pomeriggio. Avrebbe, perché la crisi di governo ha fatto saltare l’appuntamento romano. Del resto hanno atteso più di quattro anni soluzioni industriali, mai arrivate, per il rilancio del polo industriale termitano. Ed ora il tempo è tiranno e incalza: se entro metà aprile non arrivano soluzioni, c’è il rischio che possano essere avviate le procedure di licenziamento collettivo.

In piazza sono scesi commercianti, artigiani, studenti, sindaci delle Madonie con i gonfaloni per chiedere lavoro e sviluppo, perché senza occupazione non c’è futuro. Con gli operai c’erano anche gli studenti delle scuole superiori. «Siamo qui – spiega Floriana Millonzi, 18 anni, studentessa del liceo scientifico – perché viviamo in prima persona le conseguenze della chiusura dello stabilimento, abbiamo paura per il futuro» . Anche la Chiesa ha ufficialmente aderito alla manifestazione, con i parroci in prima linea, insieme ai metalmeccanici. «Chi ha avuto il mandato dal popolo faccia qualcosa. Sul mondo del lavoro sono calate le tenebre. Gli operai sono rimasti senza nulla in mano», accusa l’arciprete di Termini Francesco Anfuso, da sempre al fianco dei metalmeccanici siciliane.

Al passaggio del corteo delle tute blu le saracinesche di molti negozi erano abbassate: alcune in segno di solitarietà, altre perché non hanno retto alla spirale recessiva e hanno chiuso. Dall’inizio dell’anno, secondo i dati di Casartigiani, sono scomparse dal tessuto produttivo 100 aziende artigiane. «La situazione è drammatica – dice Giuseppe Profita dell’associazione di categoria – su 100 aziende chiuse in appena 43 giorni, ne sono state aperte 50 che però sopravvivono per appena un semestre. E’ aumentato il lavoro nero, c’è un intero territorio in ginocchio».

Sulla vertenza dei 1.200 ex operai Fiat interviene da Roma anche il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato. «Stiamo lavorando per garantire gli ammortizzatori – assicurato – ma la cosa fondamentale è rimettere in moto l’attività produttiva, lavoriamo per trovare soluzioni industriali, stiamo parlando con la ’Mossi e Ghisolfi’ e garantiremo anche la copertura degli ammortizzatori». Per i sindacati «la vertenza deve tornare a Palazzo Chigi e la Fiat deve assumersi le proprie responsabilità, tornando a produrre in Sicilia».
A chiudere la manifestazione il leader della Fiom, Maurizio Landini: «Nei tavoli ministeriali si è giocato allo scarica barile è accusa -. Se si vuole fare una cosa seria serve un coordinamento tra ministeri e istituzioni e un solo luogo dove discutere. Il governo gioca un ruolo decisivo la vertenza della Fiat di Termini Imerese. La partita è complicata, ma non possiamo accettare che la Fiat si presenti al tavolo da osservatore. È il momento dei fatti se si vuol dare una prospettiva, abbiamo bisogno che la Fiat non si tiri fuori dal tavolo. Chiediamo ammortizzatori sociali per tutto il 2014 e il ritiro dei primi licenziamenti».

I primi licenziamenti hanno colpito gli operai dell’indotto: Lear e Clerprem, che producevano sedili e imbottiture per Fiat hanno detto no alla proroga del paracadute sociale per altri sei mesi e dal primo gennaio hanno avviato la mobilità per i loro 174 addetti. Giuseppe Lazzaro è uno di loro. Ha lavorato per anni alla catena di montaggio assemblando sedili posteriori nella Lancia Y, l’ultimo modello prodotto dalla Fiat in Sicilia. «Non si può andare avanti così – dice accorato -, ho un bimbo piccolo, mia moglie fa qualche lavoretto. Non mi aspetto più nulla, nemmeno dall’incontro di domani (oggi ndr) al ministero». Incontro poi saltato.