Proprio nei minuti in cui in quasi tutte le province d’Italia i pensionati erano in piazza per protestare contro il taglio delle rivalutazioni, il presidente del consiglio Giuseppe Conte li paragonava a «L’Avaro di Moliere»: «neppure lui si accorgerebbe di qualche euro in meno al mese».
La verità invece è che il taglio che colpirà dal primo gennaio gli assegni superiori a tre volte il minimo (507,41 euro) e dunque pari a 1.522 euro lorde al mese – pari a circa 1.000-1.200 nette a seconda del carico fiscale del pensionato – è assai più pesante, specie se si considera come dalla riforma Fornero del 2011 la rivalutazione era stata prima bloccata e poi tagliata e che proprio dal primo gennaio del 2019 si doveva tornare al sistema Prodi – più favorevole – dopo una lotta di anni dei sindacati che portò all’accordo dell’estate 2016 con il governo Gentiloni.
La «manovra del popolo» invece torna a tagliare gli assegni, producendo risparmi di spesa molto superiori a quelli dei tanto strombazzati tagli alle pensioni d’oro: 253 milioni contro 76 nel 2019; 2,2 miliardi contro 240 milioni nel triennio.
Per questo ieri nel centinaio di presidi organizzati in pochi giorni migliaia di pensionati riempivano le piazze davanti alle prefetture. Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp hanno fatto sentire la loro voce lungo tutta la penisola. A Roma a piazza Santi Apostoli fra centinaia di bandiere c’era anche il segretario generale della Uil Carmelo Bargagallo: «Questo governo aveva promesso di eliminare la legge Fornero e invece è tornato a fare cassa con i pensionati, tre miliardi e mezzo per i prossimi tre anni, e questo non è ammissibile».
Molto duro il segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti – che ha partecipato al presidio di Venezia – contro il premier Conte: «Avari a chi? Si tagli il suo stipendio, ci prende anche in giro: non si tratta solo di pochi euro – evidenzia Pedretti -, i pensionati hanno avuto il blocco della rivalutazione dal 2011 fino ad oggi. Ora si ripete. E arriva senza discutere con nessuno». E ringraziando chi ha manifestato in tutta Italia avverte: «Non siamo il bancomat del governo. Grazie di cuore a chi c’era e a chi si è dato da fare, teniamoci pronti che abbiamo solo cominciato».
Fra le tante manifestazioni da segnalare quella di Bologna dove si è tenuto un vero e proprio corteo da piazza Nettuno alla prefettura, mentre decine di panettoni sono stati donati alle associazioni no profit, colpite anche loro dalla manovra.
Anche la leader della Cisl Annamaria Furlan si è fatta sentire: «Bloccare la rivalutazione è una scelta iniqua e sbagliata anche da punto di vista economico. I pensionati meritano più rispetto e considerazione da questo governo ed in generale dalla classe politica».
Cgil, Cisl e Uil insistono nel chiedere al governo di avviare i tavoli di confronto sui punti della piattaforma unitaria varata ad ottobre scorso, dal lavoro alla previdenza al fisco. Contro una legge di Bilancio che giudicano «sbagliata, miope, recessiva» domani una loro delegazione sarà presente in aula alla Camera per il voto finale. E, intanto, ricordano che a fine gennaio saranno in piazza per «una grande manifestazione».
La controreplica del M5s riguarda il tanto annunciato innalzamento della pensione minima a 780 euro. La norma dovrebbe far parte del decreto su Quota 100 e Reddito di cittadinanza, ma la platea degli interessati all’aumento non è ancora stabilita sebbene già si sappia che molti di coloro che oggi ottengono la pensione minima – «sociale» in realtà – non godranno dell’aumento a causa della mancanza di fondi. Tanto è vero che lo stesso post pubblicato sul «Blog delle stelle» ieri pomeriggio precisa – sebbene dentro una parentesi – che la famosa «pensione di cittadinanza» da 780 euro al mese varrà solo «nel caso di un pensionato che vive da solo e non ha casa di proprietà».
Insomma, chi doveva «cancellare la Fornero» ne ha quanto meno riesumato un pezzo: il taglio della rivalutazione.