La legge di bilancio, e altri decreti, hanno disseminato un tappeto di spine sulla strada del governo. Sulla scuola e le pensioni, ad esempio. La mini rivalutazione del reddito da pensione tra tre e quattro volte il minimo (tra 1.522 a 2.029 euro al mese) è «un’elemosina» per il segretario dei pensionati Spi Cgil Ivan Pedretti. L’importo deciso dal governo per 2,8 milioni di pensionati è stato calcolato dai sindacati in poco più di tre euro l’anno, ovvero 25 centesimi al mese. In questo consiste il passaggio della rivalutazione per questi assegni dal 97% al 100%, a fronte di un’inflazione allo 0,3%, previsto in una nuova bozza della legge di bilancio stabilita dopo un’intesa nella maggioranza che ha rivisto le norme dal regime forfettario delle partite Iva a quelle su Radio Radicale.

«NEGLI ULTIMI SETTE ANNI di blocco della perequazione i pensionati – ha sottolineato Pedretti – hanno lasciato allo Stato 44 miliardi. Ci sarebbe bisogno d’altro. Bisognerebbe dare la rivalutazione piena almeno fino alle pensioni tra le sei e le sette volte il minimo (3.044 euro al mese quelle fino a sei volte il minimo). E bisognerebbe dare risposte sulla quattordicesima allargandola anche a coloro che hanno redditi da pensione tra i 1.000 e i 1.500 euro al mese».

«È UNA RIVALUTAZIONE imbarazzante – sottolinea Domenico Proietti (Uil) – Sono pochissimi euro all’anno. Abbiamo chiesto di tornare alla rivalutazione pre-riforma Monti-Fornero e l’estensione della 14esima. Ci batteremo durante l’iter parlamentare». «Il governo deve garantire il potere d’acquisto a tutte le pensioni anche se in materia decrescente in base all’importo della pensione. Quello che c’è in manovra è un’elemosina. Noi meritiamo rispetto» ha incalzato Patrizia Volponi (Fnp Cisl). Un’altra ragione che spingerà i pensionati a confermare la manifestazione di protesta già organizzata il prossimo 16 novembre.

LUNEDÌ 4 NOVEMBRE sarà una giornata decisiva di incontri a tutti i livelli tra il governo e i sindacati confederali. Alle 19 è previsto l’incontro a palazzo Chigi tra il premier Conte e i segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil Landini Furlan e Barbagallo. Lo stesso giorno la ministra del lavoro Nunzia Catalfo incontrerà le categorie dei pensionati. Il nodo di una rivalutazione degna delle pensioni sta accompagnando da mesi la turbolenta legislatura iniziata nel marzo 2018. Le prime proteste sono iniziate quando Conte definì il blocco dell’indicizzazione per gli assegni sopra i 1.500 euro lordi, un «taglio quasi impercettibile, parliamo di qualche euro al mese, forse non se ne accorgerebbe nemmeno l’avaro di Molière». La protesta si fece sentire già allora.

L’ALTRA GRANA del governo è scoppiata nella scuola. La pubblicazione del decreto sui precari ha provocato ieri una rottura clamorosa, e inaspettata. Per i sindacati della scuola il governo ha disatteso gli impegni assunti da Giuseppe Conte il 25 aprile scorso quando a palazzo Chigi guidava un altro esecutivo. Impegni rinnovati nell’accordo del primo ottobre scorso con il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. Si tratta di due concorsi attesi da molto tempo che riguardano 48 mila docenti della scuola secondaria.

IL TESTO è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ed è entrato in vigore. È noto come «Salva precari bis». In queste ore sarà trasmesso alle camere per la conversione che si vorrebbe veloce. Prevista la revisione del reclutamento dei dirigenti scolastici, e quella per le assunzioni dei lavoratori negli appalti delle pulizie. Tra l’altro è stato indetto un concorso riservato a cui saranno ammessi i docenti delle scuole paritarie. Ma l’accesso, questa è la novità, non servirà per acquisire l’abilitazione per l’insegnamento. Disgiungere concorso e abilitazione «è inaccettabile» per Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Snals e Gilda. Dal concorso per i posti da direttori dei servizi generali ed amministrativi (Dsga) è stato inoltre escluso il personale amministrativo che ha ricoperto l’incarico per almeno tre anni: «Una scelta politica inammissibile» che «fa venire meno la parola data e scritta». Per i sindacati «non basta certo il concorso in via di svolgimento a colmare il vuoto di vent’anni di mancati concorsi» anche perché sono molti i casi di persone che hanno ricoperto il ruolo per più di otto anni. Per questo protesteranno contro il governo l’11 novembre, con un’iniziativa a Roma nel pomeriggio. E sono stati convocati presìdi concomitanti in altre città.