Si attende fino all’ultimo il dialogo in zona Cesarini tra Giuseppe Conte e Mario Draghi. Ma nel giorno del silenzio dai vertici, con l’avvocato che evita ogni microfono dopo aver consegnato il cerino al presidente del consiglio, a stuzzicare il Movimento 5 Stelle ci pensa l’ex ormai spina nel fianco Luigi Di Maio. Il ministro degli esteri che con la scissione ha abbassato la prima leva dell’ingranaggio che ha innescato la crisi, si rivolge ai suoi per rivendicare due cose.

LA PRIMA: il governo Draghi sta ricevendo consensi e inviti a continuare, il che dal suo punto di vista dimostrerebbe che il soggetto politico al quale pensa ha ampi margini di crescita. La seconda, rivolta direttamente ai suoi ex compagni d’avventura: persino il direttivo del M5S alla Camera non è d’accordo con Conte. Il che serve ad avvalorare la tesi che i 5 Stelle siano in preda a una deriva personalistica che nulla ha a che vedere con la loro storia. «Quanto riferito dal ministro Di Maio in riunione col suo gruppo parlamentare, a proposito di una volontà precostituita da parte dei componenti del direttivo del gruppo M5S Camera, non risponde al vero» smentiscono da Montecitorio, versante pentastellato.

DI MAIO, insomma, si prepara ad accogliere altri parlamentari e costringe i vertici del gruppo pentastellato a Montecitorio a smussare i toni per non prestare il fianco allo scontro interno. Crippa ieri è finito nel mirino di diversi presidenti di commissione alla Camera, alcuni dei quali considerati vicini a Roberto Fico come Luigi Gallo e Giuseppe Brescia: è accusato di aver agito in forme individuali e senza rispettare la discussione collettiva. «Ribadisco e sintetizzo ancora una volta la mia posizione – scrive il capogruppo Davide Crippa – Ascolteremo il discorso di Draghi in aula domani. Trovo chiaro che se aprirà ai principali temi posti all’interno dei nove punti da parte del M5S, diventa ingiustificabile non confermare la fiducia». Ma risulta che Crippa abbia convocato in serata il direttivo, per un’ultima riunione.

EPPURE SPUNTANO ancora transfughi: si aggiungono a quelli pronti a votare la fiducia i deputati Elisabetta Barbuto e Niccolò Invidia. Altri ancora appartengono ad un ulteriore sotto-insieme: si sono detti favorevoli alla fiducia ma per il momento dicono di voler rispettare le decisioni che prenderà il M5S. Da quello che emerge si evince che non esiste una seconda scissione strutturata, piuttosto siamo davanti a una galassia di incertezze e malumori che fino all’ultimo momento probabilmente non prenderà una forma precisa.

L’ASSESSORA alla transizione ecologica Roberta Lombardi sostiene la posizione di Conte ma invoca l’ascolto di Mario Draghi, dicendosi certa che se ci fosse da parte del presidente del consiglio un segnale di disponibilità su salario minimo e Superbonus le cose potrebbero ancora rimettersi a posto: «Se siamo così ‘indispensabili’ perché Draghi ignora le nostre proposte?», chiede polemicamente. Il finanziamento alle ristrutturazioni immobiliari in chiave ecologica è stato al centro di uno scambio tra Riccardo Fraccaro e Conte: col primo che gli ha chiesto informazioni circa un tavolo tecnico che il governo sarebbe pronto ad aprire per risolvere la questione dei crediti sospesi e il secondo che ha sminuito la cosa sostenendo che non ci sarebbe «nulla di concreto». I governisti sospettano che si vogliano sminuire i passi avanti di Palazzo Chigi.

CONTE PERÒ ha detto ai suoi che ormai non si tratta solo di Draghi o dei punti programmatici, dal momento che le discriminanti e i veti di Forza Italia e Lega e gli attacchi di Renzi hanno ridotto ulteriormente le possibilità di ripartire da questa maggioranza. E molti parlamentari continuano a rigettare ogni possibilità che se il banco dovesse saltare si vada al voto in autunno: «Non ci credo neanche se lo vedo, troveranno un modo per arrivare fino al 2023, Draghi o meno», dice un senatore.

NON GIOCA di fioretto Alessandro Di Battista, che dalla Russia manda un video poco dialogante con tutto il M5S. «Entrare nel governo Draghi è stato un suicidio – esclama Di Battista – Non ho parole delle stronzate totali che sono riusciti a fare questi pseudodirigenti nell’ultimo anno e mezzo, e stanno pagando loro le conseguenze. Dovrebbero per una volta chiedere scusa».