L’impatto un anno fa della normalizzazione tra Israele e paesi arabi sulla causa palestinese ebbe l’effetto di un terremoto. Per Benyamin Netanyahu l’intesa con gli Emirati e quelle successive con Bahrain, Sudan e Marocco segnavano la fine della centralità dei diritti dei palestinesi nel mondo arabo-islamico. Ma le cose non sono andate tutte nella direzione desiderata dall’ex premier israeliano. Ne abbiamo parlato con l’analista Ghassan Khatib, docente di scienze politiche all’Università cisgiordana di Bir Zeit.

 

Secondo Benyamin Netanyahu, l’Accordo di Abramo ha annullato in un solo colpo la condizione posta dagli arabi di una soluzione per i palestinesi prima della normalizzazione con Israele. È andata così?

La normalizzazione ha causato un grave danno alla causa palestinese. Ha spezzato l’unità, sebbene di facciata e ambigua, avuta dal mondo arabo sul principio di pace in cambio della terra, ossia che la pace con Israele avverrà solo se (lo Stato ebraico, ndr) si ritirerà dai territori palestinesi e arabi che ha occupato nel 1967. L’Accordo di Abramo ha scardinato questo principio, ha creato fratture e generato forti tensioni tra i palestinesi e certi paesi arabi. Tuttavia, il danno sarebbe stato decisamente maggiore se Donald Trump fosse rimasto alla Casa Bianca. L’ex presidente americano di fatto ha costretto alcuni degli alleati arabi degli Usa a normalizzare le relazioni con Israele. E ha anche elaborato un piano per eliminare dai tavoli diplomatici la questione palestinese. Certo, anche l’Amministrazione Biden guarda con favore a rapporti pieni tra arabi e israeliani ma, in linea con la politica estera Usa degli ultimi due decenni, di fatto sostiene la soluzione a Due Stati (Israele e Palestina) e ha mandato in soffitta le mosse di Trump pur non abolendole, come il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele.

 

Quanto la recente mobilitazione palestinese a Sheikh Jarrah, Silwan e la Spianata delle moschee a Gerusalemme Est e l’offensiva aerea israeliana contro Gaza, hanno contribuito a ricompattare l’opinione pubblica araba dietro i palestinesi?

Tanto. L’unità dei palestinesi – in Israele come nei Territori occupati – ha colpito le popolazioni arabe. Senza contare che la difesa di Gerusalemme e della sua importanza per l’Islam sono un tema che da sempre genera consenso. Sono convinto che l’appoggio dell’opinione pubblica araba ai palestinesi sia stato decisivo per frenare le intenzioni di qualche leader locale pronto ad unirsi alla normalizzazione. D’altronde non dimentichiamo che già lo scorso anno, la risposta delle popolazioni all’Accordo di Abramo fu di segno opposto alle scelte compiute dai leader politici.

 

L’effetto domino di cui parlava l’ex premier israeliano Netanyahu non c’è stato. Dopo Emirati, Bahrain, Sudan e Marocco, nessun altro Stato arabo ha annunciato la volontà di aprire relazioni diplomatiche piene con Israele. Anche l’Arabia saudita e l’Oman, considerati sul punto di farlo, hanno frenato. Gli accordi di Abramo si sono esauriti?

No, è un giudizio drastico. Più realisticamente possiamo dire che la spinta iniziale si è esaurita ma la possibilità che qualche altro Stato arabo normalizzi le relazioni con Israele esiste. Non credo però che avverrà in tempi stretti. Dobbiamo considerare che gli Accordi di Abramo sono più di tutto il risultato delle enormi pressioni esercitate in vario modo dall’Amministrazione Trump sui quattro paesi arabi. Quelle pressioni non ci sono più. E in futuro dipenderà dall’atteggiamento che avrà l’Amministrazione Biden.