Si inaugura oggi (h. 18:30) – per poi durare fino al 6 giugno 2015 – painting, painting, la prima mostra in Italia dell’artista tedesco Ull Hohn (1960-1995), con un intervento dell’artista statunitense Tom Burr. Il luogo designato è un piccolo e prezioso centro d’arte di Milano, in Via Stilicone 10, cioè Peep Hole (sito in rete: www.peep-hole.org): centro d’arte contemporanea che dal 2009 lavora focalizzando l’attenzione su pratiche artistiche contemporanee diverse, con programmi agili composti anche di lectures, conversazioni ed eventi.

Ora, perché la scelta di Hohn? La direttrice della galleria Bruna Roccasalva spiega: «perché in un momento storico in cui si faceva strada l’istitutional critique e si guardava con sospetto alla pittura, Ull Hohn ha portato avanti una ricerca in grado di far convivere questa pratica con l’approccio teorico predominante in quel momento, e perché al di là del valore che ha avuto all’interno di quel contesto storico-artistico la sua ricerca è ancora attuale se ricondotta a un più generale dibattito sulla pittura.»
Nella breve biografia dell’artista tedesco, a voler essere schematici, due esperienze sembrano essere alla base della sua formazione: gli studi iniziali, quelli all’Accademia di Düsseldorf con il grande Gerhard Richter e l’esperienza del “Whitney Independent Study Program” a New York. E in merito, si potrebbe suggerire che con la prima ci sia l’acquisizione di un saper-fare pittorico come condizione si base e che con la seconda, invece, ci sia l’acquisizione di una specifica consapevolezza teorica e concettuale.

La mostra presenta una disposizione non cronologica di una selezione di opere dell’artista che attinge da due importanti serie da lui realizzate nel 1988, cioè Nine Landscapes e Off The Wall, poste in due pareti diametralmente opposte all’inizio e alla fine dello spazio espositivo. Fra questi due limiti sono poi presentate le fasi del lavoro e quindi della ricerca di Hohn, in un percorso in dialogo con l’opera di Tom Burr – al di là del rapporto di natura privata tra l’artista tedesco e l’artista americano, l’affinità si basa anche sul medesimo contesto storico-artistico (la presenza di entrambi nel Whitney Program).

Alla fine, quel che si mostra è un insieme di stili e registri diversi dove, nella sperimentazione dell’artista, si può vedere la pratica pittorica come orizzonte di senso, eterno ritorno di una azione che passa, per esempio, attraverso la mediazione della pittura di paesaggio: dai riferimenti all’arte di Albert Bierstadt e all’Hudson River School agli esercizi didattici memori del programma televisivo di Bob Ross, Joy of Painting. In fondo, un qualcosa di perfettamente coerente con la ricerca di Peep Hole, come conferma di una necessità di guardare al futuro da diversi punti di vista, solidi quanto una tradizione e però aperti all’immaginazione: come, appunto, lo sguardo tramite uno spioncino.