Il sentimento nasce a contatto con i corpi: su questa affermazione Herder fondava, nella sua Plastik del 1778, l’originaria flagranza tattile della scultura, intraprendendo una battaglia contro il privilegio che gli umanisti accordavano, invece, alla pittura considerandola forma d’arte superiore per la sua prossimità all’orizzonte contemplativo e astratto del pensiero. È sufficiente riconoscere la virtù terapeutica della parola per comprendere come le funzioni psichiche più complesse ed elaborate nutrano e si nutrano di un appoggio sul corpo. Tutto sta a capire che cosa nasconde il termine «appoggio» e quale rapporto mente-corpo possa implicare.

Una risposta ci viene dal saggio di Didier Anzieu, L’Io-pelle, apparso in lingua originale nel 1985, preceduto da un articolo pubblicato nel 1974 sulla Nouvelle Revue de Psychanalyse, che ora abbiamo la fortuna di poter rileggere grazie a una nuova edizione italiana (Cortina, pp. 270, euro  26,00). È un libro felice, che cerca di dar voce a una doppia motivazione. Se, da una parte, Anzieu ribadisce che la psicoanalisi può trarre grande aiuto dallo studio delle strutture e delle funzioni della pelle, in nome della omologia tra apparato psichico e involucro epidermico, dall’altra denuncia un’esigenza che sembra di senso opposto: la psicoanalisi ha bisogno di immaginazione.

A una certa distanza
«In questi ultimi decenni del XX secolo, la psicoanalisi mi sembra aver bisogno più di pensatori per immagini che di eruditi, di scoliasti, di spiriti astratti e formalizzatori. Prima di essere un concetto, la mia idea di Io-pelle è, volutamente, un’ampia metafora». Dunque, da un lato l’appello alla realtà del corpo, e dall’altro il richiamo all’immaginazione come una facoltà da rivitalizzare. È noto come il carattere reattivo di queste affermazioni sia dovuto alla forte polemica contro il ruolo riduttivo che, secondo Anzieu, Lacan attribuiva all’universo immaginario; ma quel che importa notare è che la motivazione di Anzieu è, in realtà, una sola. Vicino al corpo si può stare passandogli a una certa distanza, ovvero, com’è ovvio: possiamo curare il corpo allontanandoci da esso. Ecco allora che l’immaginazione non sembrerà più il luogo della finzione, della maschera, del simulacro, bensì quello del radicamento, dell’appoggio sul corpo. Così intesa, l’immagine acquista la forza pulsionale del fantasma.

L’Io-pelle è la figurazione che Anzieu riesce a declinare in tutte le sue forme, perché mentre la sviluppa, egli è il suo corpo e, contemporaneamente, ha un corpo. È in gioco, qui, quel presupposto logico e insieme fenomenologico che fonda, tra le altre cose, la possibilità stessa della psicoanalisi e che ci aiuta a relegare ai margini l’idea che si possa contattare il corpo puro, la nuda vita. L’Io-pelle è infatti innanzitutto una rappresentazione di cui si serve il bambino nelle fasi precoci delle sviluppo, sfruttando la propria percezione della superficie del corpo, per immaginare se stesso come contenitore di processi psichici.
In questo preciso momento, nota con grande sottigliezza Anzieu, sul piano operativo l’Io psichico si differenzia da quello corporeo e si confonde invece con esso sul piano figurativo. La distinzione psiche-corpo è ciò che consente all’immagine di offrirsi come luogo di una intercettazione tra i due piani.

Alla base c’è il principio freudiano secondo cui «qualsiasi funzione psichica si sviluppa per appoggio su una funzione corporea il cui funzionamento traspone sul piano mentale». Questo significa che lo sviluppo dell’apparato psichico procede per stadi di rottura con la base corporea, e questi stadi rendono necessaria la ricerca reiterata di un appoggio delle funzioni psichiche su quelle del corpo. Insomma, la rottura, la distanza psiche-corpo è ciò che autorizza la ricerca del loro reciproco contatto. Il fatto che il vedere possa essere pensato come un velato toccare non implica una loro omologazione, bensì allude al fatto che la vista possa intercettare e digerire materiale aptico.

Otto diverse funzioni
Se questa è la cornice metodologica del discorso di Anzieu, altrettanto interessante è il suo affondo nell’analisi delle otto diverse funzioni dell’Io-pelle: la funzione di sostegno e di conservazione, quella di contenitore, la funzione di para-eccitazione, di individuazione del sé, la funzione di intersensorialità ovvero di collegamento di sensazioni di diversa natura alla base tattile, la funzione di involucro captante dell’eccitazione sessuale globale, di ricarica libidica, la funzione di iscrizione delle tracce sensoriali che fa dell’Io-pelle una sorta di pittogramma o di scudo di Perseo. Ciascuna di queste analisi, sapientemente intrecciate con le riflessioni sul mito (in particolare sul mito di Marsia a cui Anzieu ha dedicato uno studio a parte) e con i continui richiami all’esperienza estetica, costituisce un capitolo importante della storia della psicoanalisi.