Giuseppe Pellizzari, scomparso il 2019, è stato membro e docente della SPI (Società Psicoanalitica Italiana) e presidente del Centro Milanese di Psicoanalisi. Durante la sua presidenza ha promosso un servizio di cura gratuito (o a prezzo simbolico) per adolescenti in comunità o provenienti da famiglie molto disagiate. Il servizio, tuttora funzionante, rappresenta un modello di impegno insieme sociale, culturale e scientifico per la SPI e per tutte le associazioni psicoanalitiche in generale.

Lo psicoanalista realizza in modo ottimale le potenzialità del suo metodo di cura nel contratto privato con gli analizzandi che consente lo sviluppo pieno della libertà del loro incontro: coincidente con l’attivazione dello spazio onirico nel suo interno, con la compresenza della dimensione inconscia e preconscia/conscia di rappresentazione della realtà, con la coesistenza dell’esperienza vissuta, patita e dell’esperienza significata dal linguaggio. Questo prezioso spazio di libertà, in cui l’antinomia, la contraddizione e il conflitto sono richiesti, non può essere sviluppato se resta prigioniero di un legame endogamico, se la sua apertura esogamica alla socialità è limitata.

L’analista accoglie nel suo studio, insieme al suo analizzando, un modo di vivere, un ambiente socioculturale, una cittadinanza nel mondo. La relazione analitica non respirerebbe se non accogliesse il mondo esterno, fatto di desideri, sentimenti, pensieri, che, tramite il paziente, entra nel suo interno.

Il desiderio di un respirare libero del suo incontro con l’altro, l’esigenza etica di lavorare in condizioni in cui il suo metodo di cura non può funzionare in modo ottimale (per motivi dettati dalla realtà oggettiva in cui opera), il suo lavoro frequente all’interno dei servizi di salute mentale in cui le situazioni più destabilizzanti del disagio psichico richiedono un approccio transdisciplinare, gettano l’analista nelle vicissitudini della società civile e nell’impegno sociale. Il progetto che Pellizzari ha messo a punto, pone il lavoro gratuito (o a prezzi molto agevolati) degli analisti per i ceti sociali disagiati in una prospettiva interessante che non è quella di un lavoro di assistenza caritatevole, ma di uno “scambio di doni”.

In cambio del suo impegno, l’analista riceve l’arricchimento della sua cultura psicoanalitica, avvia una ricerca che parte “dalla necessità di uscire dal territorio ‘classico’ e avventurarsi in un territorio in gran parte ignoto e poco incoraggiante, ma ricco di sorprese e di aperture su nuovi scenari”, dove la competenza psicoanalitica “può, anzi deve, venir messa in discussione e spinta a cercare nuove declinazioni”.

Il lavoro dell’equipe creata dall’analista milanese, uomo intelligente, ironico, aperto all’inconsueto, lavoro che prosegue in modo fecondo in sua assenza, ha prodotto un sapere umano e clinico sugli adolescenti che non teme confronti. Lo si può trovare, pronto all’uso (strumento prezioso per chi opera in questo campo ma anche per chi vuol capire l’adolescenza), nel libro Una stanza tutta per me (Mimesis, 2021), a cura di Giuseppe Pellizzari e di Angelo Moroni. Un manuale di psicoterapia psicoanalitica dell’adolescente, insieme poderoso e di agile consultazione, alla cui scrittura hanno partecipato analisti milanesi di grande esperienza.

L’adolescenza mette in crisi il sapere costituito come strumento di potere paternalistico, la retorica pedagogica che perverte la conoscenza in schemi educativi di vita. Gli adolescenti “difficili”, che nessuna integrazione in un processo evolutivo “responsabilizzante” può addomesticare, agiscono ai margini delle regole comuni. Sono gettati dalla nostra insofferenza nell’immondizia dei “comportamenti antisociali”. Quando gli analisti, reinventando il proprio modo di sentire e pensare, accolgono la loro creatività nascosta, diventano per essi interlocutori affidabili, modesti e leali.