Sta scattando in queste ore l’obbligo di Green pass per salire su treni (interregionali e Frecce), corriere e navi ma l’ora X è attesa anche da chi del certificato verde non vuole sapere nulla. Telegram è il social prediletto da chi promette azioni di protesta. Secondo il tam tam telematico, partiranno oggi con il blocco di 54 stazioni ferroviarie in metropoli e capoluoghi. L’elenco è stato pubblicato sui soliti canali dove, oltre agli appuntamenti di piazza, circolano anche le minacce personali contro leader politici e medici “traditori”. Solo oggi si capirà se il movimento contro il passaporto anti-Covid rappresenta davvero un pericolo per l’ordine pubblico o una legittima ma virtuale manifestazione di dissenso.

L’appuntamento previsto per oggi è sotto la lente della ministra degli interni Lamorgese. Dal Viminale fanno sapere che il dispositivo di sicurezza sarà rafforzato davanti agli scali ferroviari. Sarà garantito il diritto a manifestare pacificamente davanti alle stazioni, ma non un passo più in là. «Non verranno tollerati minacce e inviti a commettere reati utilizzando il web» ha detto la ministra, e «non saranno ammesse illegalità in occasione delle iniziative di protesta nei pressi delle stazioni ferroviarie».

Oltre ai gruppi social, sono tenute d’occhio le sigle (in gran parte di ultra-destra) che nelle scorse settimane hanno lanciato i sit-in contro green pass e vaccini, e si sono rese protagoniste di aggressioni a giornalisti, medici e avversari politici. Si tratta per lo più di gruppi sparuti e conosciuti, ma resta l’incognita sulla reale capacità di aggregare consenso attraverso lo smartphone. Dopo la vicenda del rave viterbese e gli attacchi di Lega e Fratelli d’Italia sui migranti, Lamorgese intende mostrare di non aver sottovalutato nulla. Nella giornata di oggi la ministra riunirà anche il Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti, a cui partecipano il capo della polizia e le rappresentanze (ordine e sindacato) dei giornalisti.

Tra quelli più presi di mira in rete ci sono Di Maio e Salvini, che in passato (anche recentissimo) hanno spalleggiato i gruppi no vax, senza però bloccare i provvedimenti del governo. «Bibitaro di merda», «è necessario il piombo», «un altro infame da giustiziare» le frasi all’indirizzo del ministro degli esteri. «Ecco le merde della finta opposizione», «il vaccino te lo farei di cianuro» quelle non meno soavi per il leader leghista. Le minacce in realtà risalgono al 24 luglio ma riemergono ora dalle chat aperte a tutti, dove bastano due click per fare un titolo di giornale. Nelle ultime ore i toni si riaccendono contro i giornalisti: «li farei fuori e basta perché andare a minacciarli di morte non serve a un cazzo» è un commento di ieri sera a un post critico con i quotidiani, obiettivo di un altro presidio fissato per venerdì 3.

Scontata la solidarietà a Di Maio da Giuseppe Conte, che la butta sulla geopolitica: «Luigi Di Maio ha l’unica colpa di assolvere con impegno e passione al suo incarico di ministro degli Esteri». Ma i sostegni arrivano anche a Salvini e a Meloni, la leader dell’«oppofinzione» responsabile di aver appoggiato il passaporto sanitario europeo e aderito all’Aspen Institute Italia, esclusivo think tank per poteri forti.

Nel popolo anti-pass c’è anche chi non condivide toni e metodi. È il caso dei no Green pass abruzzesi che prendono le distanze dalle iniziative di oggi: «Chiunque inciti all’occupazione di obiettivi strategici come stazioni ferroviarie, aeroporti o porti, compie un atto irresponsabile e pericoloso. Non aderiremo a nessuna di queste proposte» dice il loro leader Nico Liberati, nei giorni scorsi in piazza al fianco del “turbofilosofo” Diego Fusaro. Il no al pass e alla «sperimentazione farmacologica» sui minori è netto ma a Pescara ci si limiterà a «manifestazioni pacifiche, ordinate, rispettose, distinte».

Anche dall’altra parte della barricata si rinuncia alla piazza. Carlo Calenda, leader di “Azione” e candidato sindaco a Roma, ha rinunciato a organizzare la sua manifestazione pro-vax, i cui obiettivi erano peraltro incerti. L’iniziativa era programmata per l’11 settembre ma non è mai decollata. «Nessuno degli altri candidati o delle cariche istituzionali ha dato disponibilità ad aderire» ammette Calenda con un tweet.