Ieri pomeriggio il centro di Budapest ha visto di nuovo sfilare i manifestanti anti-Orbán. I principali spunti di attualità sono quelli che hanno caratterizzato le proteste svoltesi alla fine dell’anno scorso, quando sindacati e studenti sono scesi in piazza per protestare contro la “legge schiavitù” e contro un sistema che vuole controllare anche la vita accademica. Ma il malcontento e la voglia di cambiamento espressa da quanti ieri hanno attraversato in corteo il Ponte delle Catene, per riunirsi sul lungo-Danubio di Buda sfidando il freddo, riguarda una situazione generale fatta di erosione di diritti civili e sociali. Così i dimostranti hanno protestato contro un sistema che ha voluto una costituzione autoritaria e nazionalista, che ha riscritto il Codice del Lavoro in una forma non favorevole ai prestatori d’opera, che ha detto la sua in fatto di libertà di stampa con la “legge bavaglio” e che ha messo le mani su scuola, magistratura, vita accademica, gestione degli affari economici.

Dal 2010 porta avanti un progetto di controllo sempre più esteso dei settori chiave della vita pubblica e di “neutralizzazione” delle voci dissenzienti. L’evidenza dei veri problemi del paese che riguardano, ad esempio, sanità, scuola, scarsità di manodopera qualificata, povertà diffusa, viene coperta da una propaganda assillante. Un martellamento sulle conquiste del governo a beneficio del popolo e sui livelli di guardia necessari per difendere la patria cui concorre il periodico ricorso a consultazioni nazionali per chiedere all’opinione pubblica se sia meglio stanziare soldi per gli immigrati o per le famiglie ungheresi e se sia bene che l’Unione europea e le multinazionali decidano le sorti del paese.

Questo ricorso al lavaggio del cervello e questa continua allerta contro presunti pericoli che vengono sempre da fuori, ha evidentemente esasperato un bel po’ di gente e fatto cambiare idea a precedenti sostenitori del partito Fidesz che sta al governo da quasi nove anni. Non sono pochi quelli che continuano a sostenerlo, è vero, ma per altri il premier ha tirato un po’ troppo la corda. “Ne abbiamo abbastanza”, si leggeva ieri sullo striscione portato in giro per il centro cittadino dalla testa del corteo, “solidarietà tra studenti e lavoratori”, scandivano gli studenti universitari. Presenti anche rappresentanze di partiti d’opposizione di centro-sinistra e di Jobbik, tutti con i loro “stand” sistemati in fila su quella parte di lungofiume. Presente anche una piccola rappresentanza italo-ungherese sostenitrice della sinistra europea. All’iniziativa hanno partecipato anche gli scrittori che si sono mobilitati in segno di solidarietà verso i lavoratori, gli studenti, i sindacati, gli insegnanti costretti a lavorare in un sistema centralizzato, verso le famiglie povere e i senzatetto, verso le organizzazioni della società civile colpite dai provvedimenti del governo e verso la cultura e l’arte che, fanno notare gli scrittori, non vengono risparmiate da questo esecutivo. Si manifesta, questo sì, ma non appaiono ancora abbastanza chiare le prospettive di crescita e di sbocco di questa mobilitazione.