La propaganda, strumento irresistibile per la presa – anche democratica – del potere e la sua conservazione, considera i cittadini degli sbadati cui raccontare una realtà immaginaria, se non proprio allocchi da raggirare. Basterebbe questa constatazione per filtrare con grano di sale la massa delle informazioni che ogni giorno ci attraversano. Considerando anche che «la propaganda più efficace è quella che non si vede. Quella capace di parlare all’inconscio. Una mission che governanti tra loro diversissimi hanno perseguito, utilizzando i media ogni volta più popolari», come scrive Fabio Martini in La Fabbrica delle verità. L’Italia immaginaria della propaganda da Mussolini a Grillo (Marsilio, 201 pp., 16 euro).

Martini, cronista politico di lunga esperienza e inviato parlamentare, compone una accurata ma godibile storia delle favole, edificanti o terrorizzanti a seconda, che la politica – leggasi alcuni politici – ha raccontato agli italiani puntando, più o meno consapevolmente, a farne dei «sudditi ideali», secondo la definizione di Hanna Arendt, uomini e donne «per cui la distinzione fra vero e falso, la distinzione fra fatti e finzione, non esistono più». Il saggio, grazie alla sua ricostruzione storica ragionata, è un ottima bussola per ripristinare queste distinzioni. E rafforzare gli anticorpi. Ma è una lettura che potrà essere utile anche al politico accorto desideroso di durare.

Martini mette in premessa un fatto significativo: nel 2016 la parola «post-truth», post-verità, è stata decretata parola dell’anno dagli Oxford Dictionaries. È la sanzione che nell’opinione pubblica «i fatti oggettivi sono meno influenti degli appelli all’emozione e alle convinzioni personali». Ma lo ’storytelling’ e la ’narrazione’ non sono novità dei nostri giorni. Martini racconta e analizza i metodi con cui in Italia i diversi regimi hanno usato la propaganda. Dal fascismo che cancella dai giornali le cronache che inducono al pessimismo; alla «narcosi democristiana; al filone del «pensiero positivo» inaugurato da Craxi e estremizzato da Berlusconi. Ma sono i capitoli dedicati al fenomeno 5 stelle e Renzi ad attrarre di più il lettore.

Da una parte «ciclone Grillo» con «la più estesa rete di informazione – e talora disinformazione – esistente in Italia», rete fondamentale per alimentare «la cangiante linea politica» dell’M5S; l’utilizzo della suggestione del complotto, «il cospirazionismo» che «spiega e consola».

Dall’altra l’ascesa e la crisi della propaganda renziana, dall’overdose da leader fino alla sconfitta referendaria, «la prima manifestazione di massa di una tendenza che interpreta lo spirito della post-truth». È il corto circuito in cui la maggioranza dei cittadini-elettori resta «indifferente ai ’fatti’ e alla propaganda del governo» e invece dice «sì alla propaganda opposta». La propaganda, insomma, finisce per ritorcersi contro chi la fa, se chi la fa non ci «impasta» insieme una decorosa dose di fatti.

Oggi il libro sarà presentato a Roma alla libreria Feltrinelli della Galleria Sordi alle 17 e 45 da Romano Prodi, Enrico Mentana e Marco Damilano