«In sette giorni tutti via dalle tendopoli». L’annuncio del commissario Vasco Errani viene accolto da un sospiro di sollievo e di speranza dal popolo degli sfollati. Nelle tende blu, stando agli ultimi dati diffusi dalla protezione civile, ci sono 2.688 persone: 955 nel Lazio, 938 nelle Marche e 755 in Umbria, ma ci sarebbero almeno altre tremila persone che hanno trovato alloggio altrove, tra amici e case affittate in fretta e furia da chi ne aveva la possibilità. Tre le possibilità di scelta per chi entro la settimana prossima lascerà i campi dislocati lungo la Salaria tra le Marche e il Lazio: cercare una sistemazione per conto proprio, trasferisi in hotel o trovare ospitalità in una delle varie seconde case messe a disposizione dai non residenti. A ciascuno verrà concesso un contributo mensile variabile tra i 200 e i 600 euro, come ha assicurato nei giorni scorsi il capo della protezione civile Fabrizio Curcio.

Intanto già da ieri i residenti di Accumoli hanno cominciato a spostarsi verso San Benedetto del Tronto, dove gli alberghi si erano già messi a disposizione la settimana scorsa. Tentativi di ritorno alla normalità, ma per quello che riguarda le abitazioni provvisorie, Errani continua a essere molto prudente e parla di tempi lunghi: «Sei o sette mesi, non di meno». Nella giornata di oggi il commissario si farà vedere nelle Marche, dove dovrebbe dare indicazioni più precise sull’atteso D-day, la fine dell’emergenza, il giorno in cui le tendopoli verranno chiuse per non riaprire più. La situazione, in effetti, sta diventano difficile: da tre giorni ormai non smette più di piovere e sulle strade si regista anche qualche piccola frana.

Il fronte più mobile, ad ogni modo, continua a essere quello giudiziario: le procure di Ascoli e Rieti lavorano sui documenti raccolti nei giorni scorsi tra le macerie dei municipi e dei vari uffici pubblici. Il procuratore reatino Giuseppe Saieva – nel cui fascicolo si ipotizza il reato di disastro colposo – prova a mettere ordine tra i vari filoni aperti: «Un conto sono i crolli, un altro le eventuali distrazioni di denaro, su quest’ultimo punto vanno fatti accertamenti». E sul punto, infatti, c’è anche l’Anac di Raffaele Cantone. Appalti, lavori, fondi stornati, rendicontazioni: gli investigatori vogliono capire dalle carte che fine hanno fatto i soldi investiti nell’ultimo ventennio, poi si potrà cominciare ad ascoltare, come persone informate dei fatti, i vari amministratori, tecnici e titolari delle ditte. Mentre proseguono gli accertamenti di carattere tecnico: da ieri è al lavoro uno squadrone da ottanta persone tra ingegneri, architetti e geometri chiamati a testare l’agibilità degli edifici lesionati ma non crollati.

Ad Ascoli, dove invece ancora non è stata formulata alcuna ipotesi di reato, la maggior parte delle forze sono concentrati sull’ospedale di Amandola, in provincia di Fermo. I carabinieri hanno acquisito una gran quantità di documenti sugli interventi fatti dopo il sisma del 1997, l’ultimo dei quali è del 2014, due anni dopo il collaudo della struttura crollata per metà.

Il governo, dal canto suo, dopo aver stanziato cinquanta milioni per far fronte alla primissima fase dell’emergenza, si prepara a far arrivare nuovi contributi. «Nella legge di stabilità fisseremo i finanziamenti e le procedure per avviare un lavoro di lunga lena per la prevenzione nel nostro paese», ha annunciato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenzi, ieri mattina, a Voci del mattino su Radio Uno.

Tutte da studiare, per l’appunto, le modalità: il timore diffuso è che ci sia una gran corsa per accaparrarsi una parte dei fondi. La situazione viene monitorata anche dalle procure: agli uffici provvisori dei comuni colpiti dal sisma, infatti, stanno arrivando diverse richieste di trasferimento di residenza da parte dei possessori di seconde case, intenzionati a ottenere un contributo per la ricostruzione. Per ora non è stato preso alcun provvedimento in merito ma non si esclude che possa uscire qualcosa in questo senso nei prossimi giorni, nel tentativo di tamponare una situazione che sarebbe quantomeno sgradevole. Per prime, infatti, verranno ricostruite le prime case, cioè le abitazioni di chi tutto l’anno vive ad Amatrice, Arquata del Tronto, Accumoli o in qualche frazione.

Allo stesso tempo i sindaci continuano a chiedere che si pensi anche ai vari comparti economici che si sono fermati a causa del sisma, commercio, allevamenti, agricoltura soprattutto. Il punto è semplice: se non ripartono le produzioni la gente parte per non tornare, e i paesi scomparirebbero per sempre.