Atteso col fiato sospeso per più di due settimane il ritorno della cassa integrazione per cessazione, dal ministro Luigi Di Maio arriva una promessa ancora più impegnativa: l’allungamento degli ammortizzatori sociali in scadenza per oltre 100 mila lavoratori avverrà durante la stessa conversione del decreto «urgenze» o «Genova».
Incontrando i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil per discutere di come riformare gli ammortizzatori sociali, il ministro Di Maio ha garantito i sindacati su tutta la linea, trovandone l’apprezzamento.
Dopo il presidio sotto il Mise di lunedì 24, i sindacati metalmeccanici si erano fatti sentire: il ripristino della cassa integrazione per cessazione – chiesta a gran voce dai 318 lavoratori della Bekaert – avrebbe tutelato solo una parte marginale dei 189mila lavoratori stimati per cui – a causa del taglio a 36 mesi delle coperture operato dal Jobs act – stavano scadendo cassa integrazione o contratti di solidarietà. La richiesta era chiara: riformare il Jobs act.
E ieri pomeriggio sempre al Mise Di Maio ha promesso proprio questo, in mezzo alla solita e facile propaganda. «Smantelleremo un altro pezzo del Jobs act, quello che ha smantellato la cassa integrazione per chi lavora nelle aziende in crisi. Il Jobs act ha massacrato i diritti di queste persone», è stata «una legge ammazza-diritti».
La sorpresa è arrivata sui tempi. Ai Cgil, Cisl e Uil che chiedevano l’apertura di un tavolo tecnico urgente per trovare gli strumenti più adatti entro fine anno, Di Maio ha risposto così: «Non credo ci sia bisogno di un altro decreto, c’è già quello emergenze che contiene la materia e nella fase di conversione possiamo introdurre lì, oppure abbiamo il decreto fiscale. Sto citando i decreti perché non voglio arrivare alla legge di Bilancio, troppo tardi. Se li inseriamo in prima lettura di conversione, le imprese lo sanno e non partono le lettere di licenziamento», ha spiegato il vicepremier.
Nessun chiarimento però sulle risorse necessarie. «Ha parlato di risolvere l’emergenza con fondi già esistenti e in seguito di estendere gli ammortizzatori in modo strutturale – spiegano Tania Scacchetti e Salvatore Barone della Cgil – . Oltre ai 149mila metalmeccanici, l’emergenza riguarda almeno altrettanti lavoratori degli altri settori, senza dimenticare le 17 aree di crisi complessa come Termini Imerese, il Sulcis, Gela e Terni e le piccole imprese e i fondi di solidarietà. Di Maio – continuano – ci ha poi assicurato che il Reddito di cittadinanza non assorbirà gli ammortizzatori sociali».