I primi 125 giorni di Donald Trump alla Casa Bianca, li han celebrati i Simpson. A loro modo. Cioè molto in giallo, tirando in ballo un altro presidente, opportunamente estinto, Richard Nixon, e un nugolo di impiccati – lo staff stremato – nei paraggi dello studio ovale. Al Trump di cartoon, con l’ormai immancabile cagnolino-parrucchino mobile, circondato dai titoli d’un’ideale libreria ‘trumpiana’, tipo Come perdere amici e far arrabbiare Israele o Sono ancora licenziato (autore, Bill O’Reilly), appare il fantasma di Nixon, riconoscente, galleggiante nel vuoto : « Grazie a te, Donald, sto facendo progressi. Sono risalito al n.44 nella classifica dei migliori presidenti ». Si infittiscono le partecipazioni straordinarie di Trump tra i Simpson : se continua così, finirà che Donald diventerà uno di casa, magari tutt’uno con Homer, alla cui dabbenaggine manca solo il parrucchino-cagnolino per essere un Trump di giornata. L’ipotesi fa sorridere uno dei grandi artefici della saga televisiva dei Simpson, David Silverman, ospite d’onore al BergamoTOONS, centrato alla sua prima edizione sulla celebrazione dei trent’anni di vita & successi tv dei Simpson, con una magnifica mostra realizzata dal direttore artistico Federico Fiecconi nell’ex-chiesa della Maddalena e innumerevoli eventi d’appoggio (la master class all’Università, la proiezione-maratona di episodi della serie scelti dallo stesso Silverman, oltre a I Simpson – Il film, sua irresistibile regia di dieci anni fa) e eventi collaterali, tra cui il giubileo di Bruno Bozzetto, presidente onorario, con la proiezione della copia restaurata, a 40 anni dalla ‘prima’, di Allegro non troppo al Teatro Donizetti, presente il suo protagonista ‘live’, Maurizio Nichetti, e le divertenti dimostrazioni di Joshua Held delle prodezze registiche, tra scena e cartoon, di opere rossiniane. Silverman, simpatica faccia d’amicone americano, 60 anni (compiuti lo scorso marzo) resi allegri e giovanili da una barba spavaldamente brizzolata, da bizzarri copricapi e gilet e da esibizioni estemporanee con tuba o bombardino, nelle numerose occasioni musicali che gli ha offerto BergamoTOONS, ricorda agli immemori, ridendoci sopra, che i Simpson già 17 anni fa avevano profetizzato il catastrofico avvento di Trump : « L’avete dimenticato tutti : ma lui era già in corsa per le presidenziali del 2000. All’epoca ne avevamo fatto un episodio, di cui ci pentiamo ancora, per la nefasta preveggenza. Trump per noi, allora, era una barzelletta. Per gli americani, me compreso, oggi, è una realtà », sghignazza il regista che il 19 aprile 1987 ha portato nelle case Usa i disegni del cartoonist Matt Groening, realizzando i primi episodi televisivi dei Simpson. Una serie che negli anni è stata perfino nominata per un Golden Globe e ha ottenuto 32 Emmy Award e che ancora oggi, solo in Italia (dove prese il via il 1° ottobre 1991 in seconda serata su Canale 5 diretto da Giorgio Gori, oggi sindaco di Bergamo), conquista quotidianamente una media di oltre 1.200.000 spettatori, con il 21.40% di share sul target di riferimento 15-34 anni. Silverman, che ha vinto già quattro Emmy Award per le sue realizzazioni, non è che uno degli oltre trenta registi che hanno svezzato Homer & C. : ma è anche il più fedele alla famiglia di Springfield (di cui ha realizzato 17 episodi, oltre al film eponimo di 10 anni fa) e sicuramente uno dei suoi migliori animatori. Non a caso, 5 anni fa è stato nominato all’Oscar del miglior corto d’animazione per The Longest Daycare, protagonista Maggie Simpson.

Da regista molto ‘intimo’, David Silverman, ci può rivelare qualcosa del ‘dietro le quinte’?

Sono stato molto fortunato a far parte dell’avventura fin dall’inizio. Quel lontano 1987, ero alla ricerca d’un mio stile, quando un amico, Wes Archer (uno dei tre registi originari, con Bill Kopp e me, dei primissimi Simpson, The Simpsons shorts) mi ha parlato del lavoro di Matt Groening : che ammiravo molto già da tempo. È il suo fumetto Vita d’inferno (‘Life in hell’) che ha ispirato la serie, diffusa allora nel programma The Tracey Ullman Show (prima d’essere recuperata, due anni dopo, dalla Fox). È lì che i Simpson han preso vita : non si chiamavano ancora così. Era un 23 marzo del 1987…

Come è arrivato a  realizzare 20 anni dopo il lungometraggio?

Lavoravo in quel momento ancora alla Pixar, dove nel 2002 avevo diretto, con Pete Docter, Monsters & Co.: mi è arrivato alle orecchie che stavano progettando un film tratto dalla serie. I produttori avevano lasciato capire che mi avrebbero gradito come regista. Son rimbalzato immediatamente in area ‘gialla’. È stato Matt Groening a raggiungermi subito, con tutto il  concept del film : far finire lo sterco d’un porcello (‘Spider-ham’) in un fiume, inquinando i rifornimenti d’acqua degli abitanti di Springfield e dintorni. È di Matt l’idea di affrontare la questione dell’environment, che, ne sono certo, è e sarà sempre d’attualità. In qualsiasi direzione vada il nostro futuro, sarà sempre centrale la questione dell’environment : in questo secolo, nel prossimo, tra venti secoli. Sempre.

I Simpson-Il film non si ferma all’ecologia.

In origine c’era solo un abbozzo. L’idea di partenza non ha mai smesso di evolvere nel corso degli anni. Tante idee di cui avevamo discusso la prima volta nel 2005 seduti attorno a un tavolo sono state soppresse o sostituite. Finalmente, la produzione s’è conclusa nel 2006 e  il film è uscito nelle sale l’anno dopo.

Lei è personaggio eclettico : s’è girata Bergamo, con casco dell’Atalanta, in scooter con il direttore artistico. Fa il modesto, ma è un super-specialista dei Simpson.

Sono un semplice ragazzo del Maryland. Il mio personaggio preferito è Krusty il Clown. Non ne può più del mondo dello spettacolo, eppure non riesce a farne a meno : ce la mette tutta per essere divertente. È ispirato a Johnny Carson e David Letterman. Ogni tanto, dirigo un episodio della serie, ma scelgo io quale. La mostra di Bergamo, ricca di studi dei personaggi e sequenze d’animazione, illustra bene il mio lavoro. Testimonia dell’era d’oro della serie, quando si lavorava ancora a mano: da una quindicina d’anni c’è stato il passaggio al digitale. È stato bello che sia stata allestita in una chiesa sconsacrata : i Simpson, come sempre, tra sacro e profano.

Perché ha accettato l’invito d’un festival neonato?

Non ci sono piccoli festival, ma solo piccole persone – ride –. Prima di Bergamo, ho partecipato, in primavera, al Festival international du cinéma d’animation di Meknès (FICAM), in Marocco. Altra manifestazione minuscola ma anch’essa popolatissima di gente simpatica.

Da che dipendono i superpoteri di predizione dei Simpson ? Trump presidente, il salto di Lady Gaga al Super Bowl …

(Risate) Il buffo, di Lady Gaga, è che abbiamo modellato la sua performance nei Simpson sulle sue esibizioni in scena. Abbiamo semplicemente immaginato quel che sarebbe successo. E poi Lady Gaga s’è lasciata coinvolgere nell’episodio, prestando la sua voce : era dunque a conoscenza della sinossi. Può darsi che l’episodio le sia stato d’ispirazione per il seguito. Non so che dire, bisogna domandarlo a lei (risate).

Gira gira, è lo Studio ovale il tormentone-Simpson, che vi ispira  le più raccapriccianti profezie. Come mai ?

È vero, già due anni fa, Homer veniva pagato 50 dollari per far parte dei groupies del magnate, con richiamo alla notizia di Trump accusato d’aver comprato fans su Facebook. Ma è il 17mo episodio dell’11ma stagione, anno 2000, I Simpson fra 30 anni, che ancora ci fa male: nel 2030, Homer e Marge abitano sempre a Springfield, Bart è un musicista da strapazzo e Lisa è diventata… la prima donna presidente degli Usa. Appena eletta, Lisa snocciola in un meeting ‘la crisi del budget del presidente Trump’, che il suo governo riceve in eredità. L’attuale bilancio-Trump è catastrofico: Paese in rovina, minacciato da potenze straniere. Profezie comiche e tragica realtà si sono accavallate ?