La prima manifestazione della «coalizione sociale» e contro Matteo Renzi ha già una data: il 28 marzo. Maurizio Landini ha fissato il calendario delle mobilitazioni per il nuovo anno a Cervia, nel corso dell’Assemblea nazionale dei metalmeccanici. E al premier non ha fatto sconti: lo ha definito nell’ordine prima «il fenomeno fiorentino», e poi «il genio di Firenze», con una vis polemica crescente, che mette definitivamente in soffitta il ricordo della presunta «alleanza» con il presidente del consiglio, se mai ci fosse stata.

Il segretario delle tute blu ripete per l’ennesima volta, come ha fatto negli ultimi giorni, che non vuole «fondare un partito»: «Se uno non è d’accordo con il governo lo accusano di voler fare politica, o addirittura un partito, ma non è così. Però questo non vuol dire che il sindacato rinunci a essere soggetto politico, ad avere un’idea e un progetto di società: la Fiom lo fa da 114 anni,e anche la Cgil, visto che è confederale. Noi dobbiamo continuare a mobilitarci perché finora l’esecutivo ha ignorato le nostre proteste: non ha il consenso di chi lavora, di chi è precario e disoccupato, e sta applicando il programma di Confindustria».

Un vero e proprio programma di opposizione a Renzi e alle sue ricette, soprattutto quelle in campo economico e sociale, e dalla Cgil arriva subito uno stop: Susanna Camusso, da Bologna, spiega che «quello che non va bene, e che non è nelle intenzioni della Fiom, quindi bisogna dirlo con molta nettezza, è che la Cgil non intende trasformarsi in un’organizzazione politica». «La Cgil – continua la segretaria generale – non diventa una coalizione di associazioni o di movimenti perché la nostra funzione sociale, quindi politica, parte dal rappresentare il lavoro».

Landini però non ci sta a fermarsi nella ridotta delle pure rivendicazioni sindacali, anche perché, dice dal palco, «non solo questo governo non si confronta con le parti sociali, ma non ascolta neanche il Parlamento». «E’ in pericolo – continua il segretario Fiom – la tenuta democratica del Paese, perché le modifiche sul mercato del lavoro non sono state ottenute con normali rapporti di forza tra lavoratori e politica, ma da un governo che nessuno ha mai eletto. Ora va bene, lui ti risponde: ‘mi ha eletto il Parlamento’. È vero, ma quando mai i cittadini italiani hanno votato un programma politico che diceva che una volta eletto avrebbe cambiato lo Statuto dei lavoratori?».

«Temo che stia cambiando la piramide democratica su cui si regge la Costituzione – prosegue Landini – Il governo sta cancellando tutti i corpi intermedi, non solo i sindacati. Senza contare che in Parlamento un partito che ha preso il 25% ha una maggioranza assoluta fatta con una legge elettorale giudicata incostituzionale». «Un governo che non fa gli interessi del Paese e dei lavoratori, che ridisegna un sistema di relazioni fondato sulla totale diseguaglianza sociale, e che quando scioperi e protesti se ne sbatte e va avanti uguale».

L’attacco ai diritti avviene proprio su quella che è una delle tutele fondamentali, «l’impossibilità di essere licenziato illegittimamente»: «E quando togli questa garanzia – spiega il leader delle tute blu – allora crolla la dignità della persona, e la possibilità di esercitare una libertà sancita dalla Costituzione, quella di coalizzarti, di associarti con gli altri per difenderti in quanto parte debole nell’impresa». Quindi «sì, sono radicalmente d’accordo con quanto deciso all’ultimo Direttivo Cgil, con quanto ha proposto Susanna Camusso: dobbiamo ridisegnare un nuovo Statuto dei lavoratori, se necessario sostenerlo con un referendum abrogativo del Jobs Act, e lanciare una consultazione straordinario dei nostri iscritti. Ma coinvolgere anche tutti gli altri cittadini, sostenere queste ragioni anche fuori dai luoghi di lavoro».

Questo percorso, che vede già alleati gli attivisti di Libera, di Emergency, quelli che animarono la Via maestra con Stefano Rodotà, si deve dare delle tappe. Perché tutti insieme, «dobbiamo dire che vogliamo che si rispetti la Costituzione e che si cambi modello sociale e di sviluppo, in Italia come in Europa», dice ancora Landini. «Perché tutti i governi hanno perso la loro autonomia, da Berlusconi a Monti, da Letta a Renzi: non fanno altro che applicare la lettera che la Bce ha inviato all’Italia nell’agosto del 2011. E che ci sia bisogno di un nuovo protagonismo dal basso, democratico, lo dimostra la Grecia, lasciata troppo sola».

Le prime date della mobilitazione i metalmeccanici le hanno già: «Una manifestazione a Roma che inizi una nuova primavera del lavoro, della democrazia, dell’unità nel lavoro e nei diritti per il 28 marzo», preceduta da «4 ore di sciopero con assemblee a partire dal 19 marzo». Ma ci sono altri due eventi da segnare sul calendario della «coalizione sociale»: «Il 21 marzo con Libera a Bologna, e il 25 aprile a Milano per i 70 anni della Liberazione».