L’Egitto vive il Ramadan più movimentato della sua storia. Se per le strade fervono le manifestazioni e lo scontro tra militari, polizia e laici da una parte, e Fratelli musulmani dall’altra, in case, negozi e caffetterie milioni di telespettatori restano incollati davanti ai televisori per non perdersi una sola puntata del loro teleromanzo preferito o musalsal in arabo. Le città sono tappezzate di poster dei protagonisti più acclamati da Kbir Aoui di Ahmed Mekki a Niran Sadika con la bellissima Menna Shalabi.

L’Egitto non è nuovo a questa invasione delle telenovelas. Non solo, produzioni televisive e il cinema egiziano sono tra i più seguiti in Medio Oriente: per l’aamiya, il dialetto parlato in Egitto, che è compreso diffusamente nella regione e in molti paesi africani, ma anche per un certo stile melodrammatico in cui gli egiziani sono dei maestri. Per spiegare i meccanismi che stanno dietro la costruzione degli infiniti feuileton tv, è di particolare interesse il libro Dramas of Nationhood della ricercatrice Lila Abu-Lughod. L’autrice, per raccontare l’enorme successo delle soap opera in Egitto, prende in prestito Michel Foucault spiegando l’individualizzazione delle immagini televisive come una caratteristica dei regimi autoritari.

Per riportare questa interpretazione alla realtà egiziana, Lughod parla di personificazione degli spettatori nei vari personaggi televisivi con lo scopo di costruire individualità che producano il senso di appartenenza nazionale. E così i drammi nazionalistici, per decenni, hanno invaso non solo la politica ma anche gli schermi televisivi egiziani. Tre grandi autori hanno incarnato le diverse aspirazioni della società egiziana: come la femminista liberale Wafiyya Khairy, l’autore di sinistra Tharwat Abaza e il conservatore Mohammed Fedil. Questi melodrammi moderni sono stati disegnati su misura nei temi e nelle tecniche per incoraggiare l’espressione pubblica delle emozioni, creare nuove soggettività, stabilendo l’egemonia della classe media attraverso la divisione di genere. E così i temi favoriti degli autori vanno dalla rappresentazione della miseria, ad un’attenzione sempre minore alla lingua (che in molti casi è dialetto di strada) fino all’uso esasperato della musica per evocare sentimenti interiori. Tutto questo si riproduce nell’esistenza melodrammatica degli egiziani, per esempio di donne che vivono sole dopo un divorzio o perché hanno deciso di lasciare la casa familiare in un ambiente generalmente ostile.

Con le rivolte del gennaio 2011, a fare il loro ingresso nelle sceneggiature dei teleromanzi delle principali produzioni ecco fare il loro ingresso proteste e manifestazioni. Le storie dei personaggi più popolari si sono intrecciate così con i drammatici eventi che hanno portato alla deposizione dell’ex presidente Hosni Mubarak. Complice il Ramadan e il lungo dopo-iftar (la cena seguente il digiuno), famiglie della classe media urbana, giovani delle province e delle aree rurali si raccolgono intorno agli schermi per seguire il loro show preferito. E l’audience si inpenna; ascolti altissimi tanto che si contano nei palinsesti dei maggiori network egiziani oltre 50 titoli per questa stagione dell’anno con un giro di affari intorno ai 100 milioni di dollari. Non solo, le telenovelas sono precedute da lunghe sigle animate e intervallate da veri e propri caroselli pubblicitari.

«All’epoca di Mubarak, anche i teleromanzi erano chiaramente censurati, nonostante ciò gli egiziani li amavano molto. Ma ogni critica verso il regime e la religione non traspariva mai apertamente», spiega al manifesto la scrittrice e sceneggiatrice Mariam Nawn. «Si può senza dubbio affermare con sicurezza che dopo le rivolte viviamo il periodo di maggior apertura nei contenuti delle soap. In particolare quest’anno c’è una libertà politica senza precedenti nei principali teleromanzi che vanno in onda durante il Ramadan», continua Mariam.

Una delle serie più seguite da un pubblico di nicchia è Zaat, ispirata da un romanzo del noto scrittore egiziano Sonallah Ibrihim. L’adattamento televisivo del libro è del regista di sinistra Kamel Abu Zekri. Attraverso le tappe della vita di Zaat si percorre la storia egiziana con gli occhi della gente comune. «Molti ne parlano senza aver visto mai lo show o anche solo per criticarlo rispetto al testo di Ibrihim. Ma tutti sono in attesa del finale che si svolgerà durante gli eventi della rivoluzione del 25 gennaio 2011, ma di questo per ora si è sentito parlare solo nei trailer i», ci spiega Mustafa Bakr, giornalista della Bbc in arabo esperto di musalsal.

Ancora più politico è Niran Sadika (Fuoco amico), trasmesso dal canale Al Watania: la protagonista è la bravissima Menna Shalabi che deve fronteggiare la corruzione del regime di Mubarak e i crimini della Sicurezza di stato (Amn el Dawla). Con continui flashback si ripercorrono gli eventi storici tra il 1996 e il 2009 come la nota e tanto raccontata storia d’amore tra Gamal, il figlio di Mubarak ora in prigione, e la bellissima attrice che poi avrebbe sposato.
Molto intricata è la commedia, interpretata dal celebre rapper Ahmed Mekki Kbir Aoui (Troppo grande), che è anche l’autore delle musiche – e soprattutto dei testi di aperta critica verso il regime. Un curioso e divertente helzapoppin incentrato sulla vita del sindaco di un piccolo villaggio. Ad un certo punto appare un suo fratello gemello che rientra dagli Stati uniti e decide di stabilirsi nel villaggio di Mazarita. In ogni puntata emerge l’esilarante contrasto tra la vita negli States del protagonista e il povero villaggio egiziano.

Nella programmazione per il Ramadan non poteva mancare Adel Imam, celebre attore comico egiziano, arrestato lo scorso anno insieme ai figli con l’accusa di «blasfemia». In Arraf, Imam, dove appare anche il primogenito Rami Imam, recita il ruolo di un abile ladro in una «singolar» tenzone sul filo dell’equivoco con il figlio, definito «comunista». È il tratto distintivo di un artista che se la prende con la religione e con la sinistra egiziana.
Un esempio invece del tentativo di riportare una sorta di «normalizzazione», innescare il ritorno all’ordine e alla stabilità arriva da i Diari di Wanis. La soap è scritta e interpretata da Mohammed Sohby, un feloul o retaggio del vecchio regime. Un padre cerca di educare i figli all’onestà e alla dignità. Il messaggio di questo teleromanzo è che prima di scendere in strada per manifestare è necessario crescere e conoscere se stessi.

Nel segno della primavera araba anche due teleromanzi di nicchia che non avrebbero mai potuto essere trasmessi negli anni passati: uno è la storia d’amore Eheit Hayat (Il suo nome è vita), in cui si fa un uso quasi sorprendente di un linguaggio forte, ai limiti dello scurrile. «Per la prima volta si pronuncia la parola orgia in Egitto, mi meraviglia che i Fratelli musulmani non abbiano censurato questo film», aggiunge Mustafa. In Maga Harra invece si parla di prostituzione in un adattamento per il piccolo schermo del libro di Hossama Hanuar Awkashia.
I militari erano ancora in attesa di riprendere il potere mentre in Egitto si producevano i teleromanzi per il Ramadan che stanno ora andando in onda. I Fratelli musulmani non hanno interferito più di tanto sulle produzioni, ma hanno chiesto la cancellazione di un teleromanzo incentrato sulla storia della Fratellanza, lasciando una certa libertà a autori e sceneggiatori. Per quest’anno il nazionalismo ha lasciato spazio alla rappresentazione della critica al regime, ma è certamente prematuro parlare della formazione di nuove soggettività «rivoluzionarie».