Il capo dell’esercito libanese Joseph Aoun è stato ricevuto mercoledì all’Eliseo da Macron. Aoun, che aveva già lamentato una certa insofferenza nelle file di un esercito non risparmiato dalla profonda crisi socio-economica e finanziaria che piega il Libano, si è incontrato martedì col suo omologo e il giorno dopo col presidente. Si tratta della prima volta che un comandante dell’esercito libanese viene ricevuto da un presidente francese. Già nelle due visite di agosto e settembre -all’indomani dell’esplosione che il 4 agosto devasta Beirut e causa oltre 200 vittime e migliaia di feriti e sfollati- Macron aveva salutato e elogiato l’esercito che adesso di fatto diventa un interlocutore.

Il presidente ha promesso aiuti medici e alimentari alle forze armate, «vero pilastro della stabilità del paese», e ribadito che «la formazione di un governo capace di operare le riforme necessarie al Libano resta la condizione per la mobilitazione di aiuti internazionali di più lunga durata». La linea di Macron fatta di visite, incontri bilaterali, appelli, sanzioni che impediscono l’ingresso in Francia a chi è considerato responsabile del blocco non ha fino a questo momento portato risultati e l’insistenza con cui cerca una soluzione -con cui la Francia tornerebbe protagonista in medio oriente e da cui il presidente trarrebbe prestigio personale- potrebbe rivelarsi un boomerang dato lo stallo.

A Washington intanto il 21 maggio si è discusso un ampliamento delle sovvenzioni americane all’esercito di 15 milioni di dollari rispetto allo scorso anno (da 105 a 120 milioni) in via di convalidazione. Fonti del Pentagono contattate da Sky News Arabia parlano di una mossa di Biden per «contrastare Hizb’allah e il ruolo attivo dell’Iran di cui il partito è tramite in Libano». Il gelo tra il presidente Michel Aoun e il premier incaricato Hariri -che vorrebbe contrariamente al presidente l’eliminazione del diritto di veto dei partiti e la formazione di un governo tecnico e non politico- da sette mesi impedisce la formazione di un esecutivo e lo sblocco di aiuti internazionali.

Gelo ulteriormente inaspritosi nei giorni scorsi quando Aoun ha mandato una lettera al parlamento in cui ha accusato pubblicamente Hariri dell’impasse e a cui ha fatto seguito una riunione straordinaria convocata dal portavoce del parlamento Berri. Compito di Hizb’allah sarebbe adesso mediare tra il suo alleato di governo Aoun e Hariri.

Ma il Libano non può aspettare. Sono ormai usuali le file ai distributori dove scarseggia la benzina. Tra poco sarà impossibile continuare a calmierarne il prezzo. Ieri la Banca Centrale ha annunciato che non ci sono riserve a sufficienza per sussidiare ulteriormente l’importazione di medicinali e che le riserve obbligatorie, passate dal 2019 a oggi da 30 miliardi a 15 milioni di dollari, non possono più essere toccate: il governo trovi una soluzione.

La lira agganciata al dollaro a un tasso fisso di 1500ll ca per 1 dollaro, non accenna a scendere ormai da mesi sotto le 12mila al mercato nero. Per chi non ha accesso al dollaro i prezzi sono proibitivi ed è questa ormai la molla che allarga sempre di più la forbice sociale. Il Libano importa l’80% dei generi primari e secondari e a breve, come già annunciato, non sarà più possibile calmierare nemmeno la farina. Il 50-60% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, metà della quale estrema.

«Il male e la morte non avranno l’ultima parola sulla via della vita» scrive ieri Francesco, che ha già annunciato una visita in Libano, in una lettera di risposta a un messaggio di Aoun per la Pasqua. Ma bisogna fare molto presto.