Mentre sul tavolo virtuale in videocollegamento del Consiglio europeo ieri andava in scena una profonda frattura, a Bruxelles, il palazzo dell’europarlamento ha vissuto una giornata a suo modo storica. L’assemblea plenaria straordinaria ha votato per la prima volta a distanza. Senza nessun intoppo, almeno a ieri sera. Anzi la partecipazione al voto è stata quella delle grandi occasioni: hanno ’cliccato’ sì alla procedura d’urgenza, rimandando al mittente una mail certificata con il proprio voto, ben 687 deputati su 751. Una quota di lor,o per ciascun gruppo, si è riunita in aula nel rispetto delle precauzioni anti-epidemia del palazzo, gli altri hanno seguito il dibattito da remoto per tutta la giornata (l’ultimo dei tre voti era in serata). Dall’aula è arrivato un pieno sostegno alle misure della Commissione per affrontare la pandemia di coronavirus. Presiedeva David Sassoli, appena uscito dal suo periodo di isolamento precauzionale: «Oggi siamo qui vicini seppur lontani, riuniti con questo formato inedito, straordinario ma determinati a dare il nostro contributo nella lotta alla pandemia garantendo la nostra funzione democratica e la continuità dei lavori del parlamento», ha spiegato con tono solenne.

Clima di solidarietà, benché virtuale, ma non nella delegazione italiana. Se a Roma le prove di collaborazione fra maggioranza e opposizione andavano a vuoto al senato, a Bruxelles rischiava di andare peggio perché Lega e cugini sovranisti hanno presentato alcuni emendamenti, con buona pace della procedura d’urgenza e del gentlemen agreement. »Sono misure così urgenti che il parlamento ha deciso di votare in via telematica perché non c’è un minuto da perdere», attacca Brando Benifei, capogruppo Pd, »E qual è il contributo degli eurodeputati leghisti? Una serie di emendamenti che se approvati causerebbe un ritardo enorme, un danno incalcolabile all’Italia che più di ogni altro Paese beneficerebbe di queste misure». Niente di grave invece per la Lega: «Depositare emendamenti è previsto dalla procedura di urgenza».