Per quanto sia difficile credere che la reputazione di Bolsonaro nel mondo possa ulteriormente peggiorare, il presidente è capace di veri miracoli.

Dopo il suo personale declassamento del Covid-19 a «febbriciattola», il sistematico attacco alle misure di quarantena decise dai governatori, gli assembramenti provocati o sostenuti senza il minimo rispetto per le misure di sicurezza, le dimissioni di due ministri della Salute e la loro sostituzione con l’ennesimo generale, la totale mancanza di empatia nei confronti delle vittime con il suo celebre «tutti dobbiamo morire», arriva un nuovo scandalo: la manipolazione dei dati dei contagi e dei decessi.

Infastidito dall’ascesa inarrestabile del Brasile indicata dalla mappa aggiornata della Johns Hopkins University, in cui il paese figura al secondo posto per numero di casi e al terzo per morti, il presidente ha reagito a modo suo: quei dati, ha detto, non riflettono la realtà, sono gonfiati e vanno rivisti. Meglio ancora, devono essere tenuti nascosti il più possibile.

E così, dopo aver già spostato la divulgazione del bollettino epidemiologico dalle 17 alle 19 e poi alle 22, con il pretesto di trasmettere dati più consolidati, ma in realtà per evitarne la diffusione sui telegiornali serali, il governo ha smesso di pubblicare i casi totali di contagi e decessi, limitandosi a fornire solo un bilancio giornaliero. Che, domenica, è stato di 18.912 nuovi contagi e 525 morti (rispetto ai 1.382 inizialmente annunciati).

Una decisione tanto criticata quanto inutile, a fronte dell’impossibilità di nascondere il reale impatto della pandemia sulla popolazione. «Il tentativo autoritario, insensibile, disumano e antietico di rendere invisibili i morti di Covid-19 non avrà successo», ha annunciato il Consiglio nazionale dei ministri della Salute.

Intanto il pubblico ministero federale ha aperto sabato un’indagine per appurare i motivi che hanno condotto il ministero della Salute a escludere dal bollettino epidemiologico il numero totale di decessi e di contagi o che potrebbero indurlo a rivedere i dati già divulgati.

Ma sul “golpe statistico” si è accanita anche la stampa conservatrice, dal quotidiano O Globo alla Folha de São Paulo, che ha ricordato l’analogo tentativo della dittatura militare di nascondere la reale portata di un’epidemia di meningite.

Ma oltre alle critiche Bolsonaro deve fare ora i conti, e per la prima volta, anche con le proteste di strada. Se è vero che domenica non sono scese in piazza le masse (né era previsto, in piena pandemia), ma solo alcune migliaia di giovani attivisti, si è trattato, malgrado l’arbitraria repressione e gli ingiustificati arresti, di una significativa vittoria delle forze antifasciste.

Non solo perché hanno sottratto ai bolsonaristi il monopolio delle strade, ma anche perché hanno dato visibilità alle bandiere del movimento nero, unendo la lotta antifascista a quella anti-razzista.