In cosa si concretizza l’idea di «discontinuità» evocata giustamente dal segretario Pd per aprire una nuova fase con i 5 stelle? Evidentemente, in primis, nella questione più simbolica: la gestione dei flussi migratori.

Quella che ha, più di tutte, caratterizzato il precedente governo, peraltro formalmente ancora in carica. Non caso, nelle sue ultime ore al Viminale, il Ministro degli Interni, stavolta in accordo con quella della Difesa e il collega delle Infrastrutture, hanno firmato il divieto d’ingresso nelle acque territoriali italiane per la nave Eleonore della Ong Lifeline, che lunedì aveva soccorso centouno migranti su un gommone in avaria al largo di al-Khoms, in acque libiche.

La novità – mentre si contano i morti dell’ultimo naufragio sulle coste della Libia – e che si pone come una vera e propria mina sul cammino negoziale in pieno svolgimento, denuncia il presidente del Pd Orfini, è appunto la ritrovata unità degli esponenti giallo verdi su un provvedimento che ribadisce le linea politica a trazione leghista.

Ora, passi per il responsabile, in uscita, del Viminale, ma cosa significa questa decisione ora, in piena trattativa per la formazione di un nuova alleanza, da parte degli esponenti pentastellati? Ci pare evidente che, di fronte ad una decisione così grave, che di fatto segna uno dei punti più alti di quella concezione sovranista e xenofoba tanto cara alla Lega, e non solo, si debba cominciare chiaramente e con trasparenza, ad entrare nel merito delle posizioni da tenere su una materia che ha delle implicazioni su tutto l’impianto democratico del Paese e delle sue relazioni a livello europeo ed internazionale.

La gestione dei flussi migratori, infatti, è stato il grimaldello attraverso cui si è tentato di smantellare l’idea stessa di multilateralismo, il vero bersaglio grosso dei sovranisti continentali e transatlantici. Si è cominciato, infatti, rigettando il Migration Compact, un accordo elaborato in sede Onu per stabilire alcune regole internazionali basilari. L’Italia, che in un primo tempo aveva aderito, si è poi ritirata, nel nome della sovranità nazionale, come d’altra parte hanno fatto gli Usa di Trump, con la sua politica di muri e criminalizzazione dei migranti.

Si è passati poi, insieme al gruppo di Visegrad, la variopinta alleanza sovranista europea, a rifiutare le regole di Dublino, certo da cambiare ma non da infrangere, anche perché i «corpi del reato» altro non sono che quelli dei migliaia di migranti costretti ad odissee drammatiche o a morire in un mare una volta nostrum ma che oggi disconosce chi vi annega. Altra componente altamente simbolica, per il ruolo che rivestono proprio nel far rispettare varie convenzioni internazionali, l’attacco frontale alle Ong.

Tacciate di ogni nefandezza, dalla tratta di esseri umani al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, dal ricevere soldi da organizzazioni terroristiche al traghettare in Europa le milizie jiadiste, la vecchia regola hitleriana della «merda nel ventilatore» è stata sapientemente alimentata per discreditare, attraverso queste organizzazioni libere e indipendenti, l’idea stessa che potessero e dovessero esserci ancora norme che valgono per tutti e sempre.

Che si trattasse della Convenzioni di Amburgo sulla ricerca ed il salvataggio in mare, o quella Onu sull’infanzia che impone l’interesse superiore del minore su tutte le altre considerazioni, queste regole che ancora compongono il, già abbastanza frammentato, quadro del multilateralismo dei Diritti umani, sono state preso di mira sistematicamente e con lucida ferocia, magari impugnando un crocefisso o invocando la protezione mariana.

Ultimo, ma non certo per ordine di importanza, il taglio più che drastico ai fondi per la cooperazione allo sviluppo, e la parallela gestione di segmenti di politica estera da parte del Viminale, attraverso accordi che prevedono aiuti di maggior favore a quei Paesi che accettano i rimpatri.

Appare dunque più che evidente il piano di disarticolazione messo in atto in questi mesi per denaturare dalle fondamenta un impianto che, bene o male, ha assicurato a livello internazionale, europeo, ma anche nazionale, un certo livello di civiltà. Ecco allora i temi, tra gli altri, su cui chiedere e pretendere gradienti di fortissima discontinuità, di ritorno alle regole, al rispetto degli impegni presi a livello Onu ed europeo a partire dal sostegno agli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, e l’Amazzonia di Bolsonaro è un tragico esempio della loro violazione.