Ha poco più di 25 anni ma è già diventata un simbolo mondiale del Regno Unito come il tè alla cinque, i Beatles, l’autobus a due piani double decker o un cartoccio di fish and chips. L’English Premier League, nata nel 1992 dall’intuizione di un gruppo di manager del mondo finanziario e resa prospera dalle montagne di sterline assicurate dalla televisione, è il più redditizio campionato di calcio, venduto e seguito in tutto il mondo, in oltre 200 paesi. Uno degli imperi dell’intrattenimento dell’era moderna,che ha superato di gran lunga il basket della NBA e l’automobilismo della Formula 1. Avvio domenica 10 agosto con Man Utd-Chelsea preceduto da West Ham-Man City, con questultimi azzurri vincitori nel 2018-19, tradizionale partenza della nuova stagione calcistica che ci porterà alla finale di Euro 2020, la competizione per nazionali europee, prevista per il 12 luglio allo stadio di Wembley.

La Premier League é forse il primo campionato planetario e anche quello più ricco di fascino, il simbolo di un modo di vivere il football, razionale e appassionato, con un coinvolgimento straordinario, tra incitamenti e cori, iconografia e festeggiamenti, del variopinto pubblico stando vicino vicino al bordo del campo, quasi respirando addosso ai giocatori. “Quando arrivi a giocare in England è come entrare nel Paradiso del calcio” disse anni fa l’asso francese Eric Cantona, sei stagioni in Premier, totalmente conquistato dall’atmosfera e dal modo di vivere il calcio d’oltremanica, dal ribellismo giovanile e dalla creatività del tifo espresso allo stadio salvo confessare di provare i brividi all’esecuzione prepartita di God save the queen.

Domenica scorsa, alla Community Shield, il primo titolo dell’annata, vinto ai rigori dal Man City sul Liverpool, i tifosi scousers (dall’accento scouse, tipico della città portuale sul Mersey) hanno fischiato l’inno nazionale rivendicando la loro identità fortemente antagonista dopo la tragedia di Hillsborough nel 1989 con 96 tifosi morti (il più giovane aveva 10 anni), soffocati nella calca per la negligenza della polizia e delle autorità ma anche per l’essere profondamente europeisti perché l’Ue ha aiutato con tanti finanziamenti la rinascita di Liverpool, di fronte all’immobilismo dei governi conservatori.

Premier come forte espressione del mondo globalizzato perché la sua grande visibilità e attrattiva ha richiamato l’interesse dei ricconi di tutto il pianeta, dagli sceicchi arabi ai magnati russi, dai milionari cinesi ai gestori dei fondi d’investimento statunitensi, cheformano la gran parte dei proprietari delle 20 squadre di Premier (solo 6 sono di tycoon inglesi, poi 3 Usa, 2 Cina, 2 Russia e persino un italiano, Gino Pozzo del Watford, la famiglia
che possiede anche l’Udinese). Il più ricco di tutti è Guo Guangchang, presidente del Wolverhampton -acquistato nel 2016- e del gruppo Fosun International, valutato 60 miliardi di sterline. La più grande multinazionale cinese si è affidata per il calcio al discusso agente portoghese Jorge Mendes, quello di Cristiano Ronaldo e Jose’ Mourinho per intenderci, trasformando i Lupi con tanti innesti lusitani dall’allenatore Nuno Espirito Santo ai giocatori Rui Patricio e Moutinho. E l’anno scorso ha creato polemiche la sponsorizzazione del dittatore africano Paul Kagame, grande tifoso dei Gunners, che ha messo la scritta “Visit Rwanda” sulla manica destra della maglietta biancorossa dell’Arsenal, un investimento totale da 30 milioni di sterline per tre anni, un riflettore potente sul paese in forte trasformazione dopo la guerra civile che ha deciso di puntare sulla rivoluzione digitale e sul turismo (una nazione che gode di grandi finanziamenti della comunità internazionale).

Per la stagione 2019/20 la Premier incassa 1,6 miliardi di sterline di diritti televisivi che vengono suddivisi in parti uguali a tutte le società che hanno così la possibilità di spendere tanto e acquistano giocatori importanti in ogni angolo del globo. 13 club di Premier hanno più stranieri che giocatori inglesi. Il. Manchester City ne ha 20 di stranieri nella rosa, il Chelsea 26, il Liverpool 15, lo United 19, l’Arsenal 22, il Tottenham 17. Questo crea notevoli problemi ai giovani calciatori inglesi che trovano sempre meno occasioni di poter mettere i piedi sul terreno nel match day e spesso languono in panchina, con risultati poco brillanti delle varie nazionali, giovanili e non, dei tre leoni. Tuttavia le quattro finaliste inglesi di Champions e Uefa Cup della scorsa stagione, un record assoluto, testimoniano l’alto livello tecnico del campionato, migliorato anche dall’apporto di allenatori esperti e stranieri (discorso valido per tutte le quattro finaliste- Liverpool, Tottenham, Chelsea e Arsenal quindi Klopp, Pochettino, Sarri e Emery). La Brexit potrebbe portare un tetto ai giocatori stranieri e anche un calo dei ricavi totali dei club ridimensionando gli stipendi stratosferici (nella top ten De Bruyne e Sanchez guadagnano 300mila sterline a settimana, poco meno di 20 milioni di euro l’anno).

Secondo il sito Transfermarket, su circa 559 giocatori sotto contratto per le 20 squadre di Premier League, ben 367, poco più del 65%, sono stranieri e provengono da più di 100 nazioni. Un implicito passo avanti nell’accettazione delle diversità religiose, politiche e culturali, anche sugli spalti delle arene inglesi. Tra gli acquisti più costosi di quest’estate sono stati l’ivoriano Pepè (80 milioni di euro) passato all’Arsenal, il mediano difensivo spagnolo Rodri (70 milioni) al Manchester City e il franco-congolese Ndombelè (60 milioni) al Tottenham mentre il difensore centrale della nazionale inglese Maguire è stato venduto al Manchester United per 92 milioni.In Uk vengono trasmessi in diretta tv solo alcuni match (5 o 6, non tutti come in Italia) proprio per proteggere il pubblico degli stadi, un’altra grande fonte di introiti per i club, in gran parte proprietari dell’impianto, che realizzano importanti guadagni nel giorno della partita, tra incasso dei biglietti, bevande e cibo, merchandising.

Venerdì 9 agosto si comincia con l’anticipo Liverpool-Norwich City, proprio i Reds che hanno combattuto per il titolo dell’anno scorso fino all’ultima giornata coi Citizens, perdendolo nonostante i 97 punti in classifica del trio meraviglia Mane’-Firmino-Salah (e consolandosi con la Champions) contro la matricola Norwich, tornato nell’empireo del calcio inglese dopo tre anni in Championship, nel suo stemma un canarino sopra un pallone, maglia gialla e pantaloncini verdi, con una formidabile storia dickensiana. Nel 1953 un ragazzino di 12 anni, il gallese Michael Wynn-Jones, andò a vedere la sua prima partita di calcio al Carrow Road, l’attuale stadio del Norwich, costruito negli anni trenta. Figlio di un pastore della chiesa anglicana, si laureò a Oxford e cominciò un’intensa attività di giornalista e editore, sposando Delia Smith, “la cuoca della Tv”, una star delle casalinghe albioniche sul piccolo schermo, pubblicando i suoi libri oltre che i propri e continuando l’attività di columnist per molti magazine inglesi. Diventati milionari, Michael e Delia hanno comprato il Norwich nel 1997 e sono molto attivi nelle iniziative sociali e nella beneficenza. Michael, oggi 78 anni (tanti video su Youtube col suo accento welsh e superlativo understatement) spesso si mischia ai tifosi sugli spalti e al pub, discutendo di tattiche e giocatori, raccontando di aver coronato i suoi sogni migliori: Delia e il Norwich.