La Major League Soccer, la prima divisione del calcio americano, lavorava da tempo all’espansione in Messico, contando sul grande serbatoio di appassionati oltre il confine. E ora il progetto ha preso corpo: da fine luglio quattro club del torneo statunitense e altrettanti dalla Liga MX, la Serie A messicana, lanciano una nuova competizione annuale: la Leagues Cup. Il torneo si disputerà con un formato a eliminazione diretta, con tutti e quattro i quarti di finale che si terranno in stadi della Mls. Anche la finale verrà poi disputata negli Stati uniti.

«SIAMO ENTUSIASTI di portare la nostra partnership con la Liga MX al livello successivo, grazie alla Leagues Cup. C’è un’intensa rivalità tra le nostre nazionali, e la Leagues Cup offre un’incredibile opportunità per far crescere questo sentimento anche tra club di MLS e Liga MX», ha spiegato il commissioner della Mls, Don Garber. Dunque, una lega transnazionale, ispirata alla contaminazione, in aperto dissenso con il diktat presidenziale arrivato qualche mese fa su un torneo dal difficile accesso per alcuni Paesi musulmani e anche per i messicani, divisi da quel muro e da una volontà ostentata, mediatica, di separazione che aveva rallentato il percorso della candidatura unitaria tra Stati uniti, Messico e Canada per ospitare i Mondiali di calcio del 2030. Dunque, il pallone, come spesso accade, supera le barriere. Con il rischio concreto di rovinare l’umore di The Donald perché nel quartetto delle squadre messicane invitate al nuovo torneo c’è il Club Tijuana Xolos, che gioca praticamente a un palmo dal filo spinato che divide States e Messico, la California separata dalla Baja California, 22 chilometri tra San Diego e appunto Tijuana, ovvero i latinos che il presidente non vuole tra i piedi. In un posto dove 30 milioni di auto registrate oltrepassano la frontiera ogni anno. Per il Tijuana, tifosi al seguito statunitensi e messicani, messaggi allo stadio in lingua inglese e spagnola, calciatori che vivono a San Diego e stringono gli scarpini in Messico.

NEI PARCHEGGI, la targa di tante auto californiane, sugli spalti capannelli di tifosi che si incontrano prima al barbecue, tra carne piccante, birre, le consuetudini messicane, con l’esibizione delle cheerleader, un classico dello sport a stelle e strisce. Dunque, pallone, stars and stripes e la Tricolor, la bandiera messicana. Sotto gli occhi di Trump.