Ferrovieri, chapeau! E’ durata meno di 24 ore la precettazione del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi che voleva impedire ai ferrovieri di aderire allo sciopero generale. Se l’è rimangiata ieri sera la sua precettazione, con parole imbarazzanti che rivelano una disfatta su tutta la linea. Un precedente interessante: è la prima volta che il governo Renzi prende atto che con il mondo del lavoro bisogna trattare. A volte anche cedere.

Sembrava l’ennesimo schiaffo ai sindacati e invece alla fine di una lunga trattativa lo schiaffo il ministro se l’è rifilato da solo. Lupi, dopo quattro ore di faccia a faccia con i sindacati di categoria Cgil, Uil e Orsa, si è giustificato dicendo «di fronte alla segnalazione dell’autorità garante degli scioperi ho voluto difendere il diritto alla mobilità dei cittadini”» E poi? Poi è stato costretto alla resa.

La soluzione, ha ammesso Lupi, è stata raggiunta «quando i sindacati hanno ridotto il tempo dello sciopero sia di domani, che finisce alle 16 invece che alle 17, sia di quello di sabato e domenica, che salva la fascia serale di sabato iniziando alle 24 invece che alle 21». In sostanza, il ministro ha dovuto accontentarsi di una rimodulazione dello sciopero da 8 a 7 ore. Un’ora in meno.

Già nel pomeriggio si era capito che doveva essere successo qualcosa se anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi, interpellato durante una conferenza stampa ad Ankara, aveva abbassato la cresta commentando la decisionedi precettare i ferrovieri. «Spero si possano risolvere le polemiche, ci sono contatti e spero ci sia una soluzione». E ancora: «C’è un diritto di sciopero costituzionalmente garantito che va rispettato. Lavoriamo perché tutto fili al meglio». Toni stranamente concilianti.

Prima del capo supremo, altre voci governative avevano espresso perplessità circa la clamorosa decisione, definita «gravissima» da tutti i sindacati. «Io avrei convocato il sindacato prima di fare il decreto», ha ammesso il viceministro alle Infrastrutture Riccardo Nencini. Segno che la prova di forza del ministro, che di fatto si profilava come una vera e propria aggressione al diritto di sciopero, alla fine si è rivelata un boomerang.

Al punto che «i contatti» accennati da Renzi si sono trasformati in una durissima trattativa durata diverse ore, un braccio di ferro che per i sindacati aveva un obiettivo solo: il ritiro della precettazione e la salvaguardia del diritto allo sciopero, magari a orario ridotto. Una mediazione di per sé già clamorosa, considerando che il governo fino a ora ha fatto dell’arroganza la sua cifra stilistica per svilire ogni relazione con il mondo del lavoro. E il risultato è stato ancora più clamoroso.

Semplicemente perché il ministro Maurizio Lupi ha commesso una sciocchezza e il sindacato ne ha approfittato per vincere facile: «E’ nostra intenzione investire dell’accaduto le massima cariche dello Stato», aveva minacciato Susanna Camusso. Tanto che il primo a sconfessare il ministro, a trattativa ancora in corso, è stato proprio Matteo Renzi, che bontà sua ha scoperto solo in Turchia che lo sciopero «va rispettato».

Le quattro ore di trattativa con Lupi in trappola le riassume così Adriano Coscia, dell’esecutivo dell’Orsa: «Sono dei dilettanti, si sono accorti di aver emanato un provvedimento che non rispetta la legge, la precettazione deve seguire un certo percorso che nemmeno conoscono. In un colpo solo hanno violato la legge e anche la Costituzione. Alla fine, per salvare la faccia hanno revocato la precettazione chiedendoci una piccola riduzione di orario».

Oggi quindi anche i ferrovieri potranno scendere in piazza, con buona pace di Lupi e dell’Ncd, strenui difensori del Jobs Act.