O in rubli o nulla. D’altro canto Putin aveva avvisato già a marzo i paesi Ue sulla questione. Bulgaria e Polonia si sono ritrovate da ieri senza il gas di Mosca per essersi rifiutate di pagare la fornitura nella valuta russa. «È un attacco diretto verso la Polonia», ha dichiarato dopo qualche ora il primo ministro Mateusz Morawiecki al Sejm, la camera bassa del parlamento polacco.

Il premier, espressione della destra populista di Diritto e giustizia (Pis), considera la decisione russa una ritorsione alle sanzioni annunciate ieri da Varsavia nei confronti della «lista dei cinquanta», che mira a colpire diversi soggetti tra imprenditori, oligarchi e aziende di provenienza russa e bielorussa. Morawiecki ne ha avuto anche per Berlino, colpevole di aver preso delle decisioni sbagliate per l’Europa: «Ieri ne ho parlato con diversi politici tedeschi, compreso il cancelliere. I tedeschi oggi provano vergogna e ci danno ragione. I due Nord Stream sono progetti politici che mai avrebbero dovuto essere intrapresi», ha aggiunto Morawiecki in riferimento ai gasdotti russo-tedeschi che attraversano il Mar Baltico.

Negli ultimi tempi il governo polacco si era mosso con decisione, indipendentemente ma non contro Bruxelles, in materia di politica energetica. Varsavia ha smesso di comprare il carbone russo già da questo mese mentre l’embargo Ue dovrebbe entrare in vigore soltanto a partire da agosto. In effetti, fino ad ora, la Polonia importava dalla Russia soltanto il 15% del carbone necessario a garantire il fabbisogno energetico del Paese sulla Vistola, una quota facilmente sostituibile dirottandosi verso fornitori alternativi.

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Con il gas, invece, il discorso sembra diverso con circa il 45% del fabbisogno totale soddisfatto dalla fornitura del Cremlino. Il governo sta facendo di tutto per rassicurare cittadini e investitori sul fatto che la Polonia abbia pronte diverse alternative. Messe insieme, dovrebbero garantire i 21 miliardi cubi all’anno di cui il paese ha bisogno per funzionare: il giacimento di gas liquido a Swinoujscie sulla costa polacca, gli interconnettori con gli stati vicini (Germania, Lituania, Repubblica Ceca e Slovacchia) e il Baltic Pipe, quest’ultimo dovrebbe cominciare a trasportare gas norvegese in Polonia attraverso la Danimarca a partire da ottobre.

Varsavia ostenta sicurezza sottolineando che il contratto di fornitura tra Gazprom e la compagna energetica polacca Pgnig sarebbe comunque scaduto alla fine dell’anno. Eppure, è innegabile che il partito fondato dai fratelli Kaczynski avrebbe preferito avere qualche mese in più per prepararsi meglio al processo di derusyfikacja energetica, evitando una potenziale ricaduta nelle bollette dei polacchi, soprattutto in vista delle elezioni parlamentari e amministrative in programma nel 2023. All’inizio di questo mese i deputati del Pis avevano bocciato al Sejm un emendamento alla legge sullo stop al carbone russo che prevedeva anche la messa al bando del gas liquefatto importato dal Cremlino.