Da due settimane la Polonia impedisce a un gruppo di profughi di entrare nel proprio territorio considerandoli come l’ultimo atto della «guerra ibrida» che il regime bielorusso sta conducendo contro l’Europa. Il risultato è che una quarantina di persone, tra le quali almeno la metà in fuga dall’Afghanistan, sono bloccate al confine tra Polonia e Bielorussia senza poter ricevere nessuna assistenza legale né sanitaria. Una situazione talmente grave da spingere ieri l’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, a fare pressioni sul governo polacco perché accetti di accogliere i rifugiati. «Tutti gli Stati hanno il diritto di gestire le proprie frontiere in conformità del diritto internazionale – ha affermato Christine Goyer, rappresentante dell’Unhcr in Polonia – ma a condizione che rispettino i diritti umani, compreso il diritto di asilo. I richiedenti asilo non dovrebbero mai essere penalizzati, nemmeno per l’attraversamento irregolare della frontiera».

Il blocco dei profughi è la risposta di Varsavia alla politica decisa dal regime di Alexander Lukashenko di spingere centinaia di migranti attraverso le frontiere di Lituania, Lettonia e Polonia come ritorsione per le sanzioni europee. Fino a oggi a passare le tre frontiere sarebbero state alcune migliaia di profughi, provenienti per lo più dal Medio Oriente. Per fermarli, lunedì scorso Varsavia ha annunciato la costruzione di un muro lungo il confine con la Bielorussia. Si tratta di una recinzione di filo spinato alta due metri e mezzo e «simile a quella costruita dall’Ungheria al confine con al Serbia», ha spiegato il ministro della Difesa Mariusz Blaszczak, e si dispiegherà lungo 130 chilometri di confine, circa un terzo del totale. Inoltre saranno inviati reparti dell’esercito in aiuto delle guardie di frontiera.

La linea dura adottata da Varsavia nei confronti di questi profughi non piace alla chiesa polacca, che non ha mancato di far sentire la sua voce attraverso una nota della Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale: «I governi hanno il diritto di agire contro l’immigrazione illegale nel rispetto dei diritti umani – hanno detto i vescovi polacchi – ma al contempo va tenuta presente la differenza fondamentale tra i rifugiati – che fuggono dal paese per motivi politici, religiosi, etnici o di altro tipo di persecuzione o guerra – e quelli che cercano semplicemente di entrare illegalmente».