Marchiati come capi di bestiame con uno spray e poi respinti. È stato questo il destino di due gruppi di migranti rispediti dalla Croazia in Bosnia i primi giorni di maggio. Se durante la pandemia non si fermano i tentativi di arrivare in Europa lungo la rotta balcanica, non accennano a diminuire i soprusi della polizia croata verso i richiedenti asilo.

IL PRIMO GRUPPO aveva cercato di varcare il confine con la Croazia il 6 maggio ed è stato respinto a Poljana, nella Bosnia nord orientale. Queste persone sono state derubate e marchiate con uno spray arancione sulla testa e sui vestiti. Il 7, come riporta No Name Kitchen (Nnk), una ong di base a Velika Kladuša, un secondo gruppo ha fatto ritorno al campo cittadino di Miral, non molto distante da Poljana, descrivendo un trattamento simile. Sulle loro teste erano disegnate delle croci con lo stesso spray arancione.

Secondo Simon Campbell, attivista di Nnk, le umiliazioni e i soprusi nei confronti delle persone che percorrono la rotta balcanica sono una prassi da anni: «L’uso di trattamenti inumani, degradanti, simili alla tortura sul confine croato non sono niente di nuovo».

Campell sostiene però che la pratica di segnare con la vernice spray i migranti rappresenti un nuovo livello di razzismo. «È sicuramente irritante per la pelle e gli occhi, ma qui sembra una pratica simbolica o un rituale di umiliazione che si inserisce in uno spettro più ampio di percosse, vestizione forzata, minacce con armi e altre violazioni dei diritti osservate nella zona di confine in questi anni», afferma. Secondo Campbell i segni sulle teste dei migranti potrebbero alludere al simbolo cristiano della croce usato in questo caso come insulto per le persone in transito, in maggioranza musulmane.

Il ministero dell’Interno croato ha risposto alle accuse, riportate anche dal Guardian, con una nota in cui si nega l’uso della violenza sul proprio confine, ignorando le testimonianze e le prove fotografiche. Nella nota vengono invece attaccate le ong, colpevoli di essere complici dell’immigrazione illegale e di diffondere informazioni infondate, secondo il Ministero.

GLI ABUSI DELLA POLIZIA croata, ampiamente documentati e ammessi anche da suoi componenti, erano già finiti sotto la lente dell’Onu che ha chiesto al paese di investigare riguardo la condotta delle proprie forze dell’ordine. Border Violence Monitoring, network di associazioni che operano sulla rotta balcanica di cui Nnk fa parte, si occupa di monitorare le violenze perpetrate lungo i confini dei Balcani e ha da poco raccolto la testimonianza diretta del 700mo respingimento.

L’europarlamentare Irlandese Clare Daly in una seduta della commissione Libe del Parlamento europeo ha sostenuto che l’emergenza coronavirus viene utilizzata da alcuni stati per reintrodurre confini interni e per controllare in modo più stringente l’immigrazione in violazione del diritto europeo e ha chiesto spiegazioni sull’operato della Croazia.

LA LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE è quasi nulla per i migranti in Bosnia, dove è vietato il movimento e il trasporto pubblico da più di un mese. Da poco però nel campo di Bira, a Bihac, gestito da Iom, giornalmente è concesso un permesso a 20 persone, 15 adulti e 5 minori, per tentare il game, la traversata fino in Europa, come riporta Silvia Maraone, dell’ong Ipsia. Questa lenta ripresa del flusso è visibile anche dall’Italia. A Trieste e Gorizia nelle ultime due settimane gli arrivi di migranti dalla Slovenia si contano in una dozzina al giorno. Se le persone che tentano di varcare il confine croato vengono invece fermate e riportate in Bosnia, finiscono nel campo di Lipa, una tendopoli appena aperta su un altopiano a 25 km da Bihac.

LA BOSNIA È AL MOMENTO il collo di bottiglia della rotta balcanica. Si stimano ci siano circa 8.000 persone, tra quelle che si trovano nei campi di accoglienza e quelle che vivono negli squat, tra Tuzla, Sarajevo e il nord est del paese. La maggioranza si trova qui, nel cantone Una Sana, vicino al confine croato, in attesa di provare il game.