Pugno di ferro contro la Marcia dei Migranti. Ieri a Gerusalemme la polizia israeliana non ha esitato a sgomberare con la forza una manifestazione organizzata davanti alla Knesset da duecento sudanesi che invocavano il diritto di asilo e protestavano contro la sistemazione forzata in un “centro di raccolta” nel Neghev. Tre giorni fa i migranti avevano abbandonato il centro (a 60 km di Bersheeva). Dopo aver percorso a piedi molti chilometri a margini delle strade, ieri, aiutati anche da attivisti israeliani, hanno raggiunto in autobus la Knesset dove hanno fatto sentire la loro protesta. La polizia è intervenuta subito con decisione e li ha costretti a risalire sugli automezzi che li hanno riportati nel Neghev.
Adesso rischiano di essere incarcerati e il premier Netanyahu ha avuto per i sudanesi parole molto dure. «Abbiamo allestito per loro un centro di accoglienza a Holot, nel Neghev…Se credono possono tornare nei Paesi di origine, in ogni caso qui la legge sarà rispettata». Netanyahu e gran parte dei suoi ministri vedono nell’infiltrazione dei migranti africani dalla frontiera con l’Egitto un “pericolo” per la sicurezza nazionale. «Per noi si tratta di una minaccia strategica», ha detto ieri il primo ministro israeliano che, per bloccare il flusso di migranti, ha fatto costruire un muro sul confine con l’Egitto e fatto approvare dalla Knesset un nuovo emendamento (quello precedente era stato annullato dalla Corte Suprema) alla legge sull’immigrazione che prevede l’allestimento per i clandestini di un centro nel Neghev che per i gruppi a tutela dei diritti umani e alcune Ong è in realtà una prigione.
Israele non intende riconoscere ai sudanesi lo status di rifugiati politici. Il ministro degli interni Gideon Saar sostiene che sono normali migranti in cerca di lavoro