La partita per l’ordine pubblico in vista del primo maggio è cominciata ieri all’alba con una mossa non proprio a sorpresa. Si è mossa la questura. Sono andati a colpo sicuro, e certo non si è trattato di una operazione di “intelligence”. Hanno voluto colpire un’area precisa, quella che più spinge per una protesta dura durante la MayDay di venerdì prossimo. Perché l’hanno fatto? Ci sono due tipi di letture. Potrebbe essere una prova di forza per lasciar intendere ai “duri” che queste sono giornate dove non avranno molti spazi di agibilità, e dunque per “convincerli” a protestare anche vigorosamente ma senza esagerare – come ripete in questi giorni il prefetto di Milano dicendo che “non ci saranno zone rosse”. Oppure si tratta di un azione preventiva per alzare la tensione, provocare risposte fuori dalle righe e mettere in difficoltà un movimento non proprio compatto quanto a capacità di gestione della piazza. In particolare quella parte che da anni sta lavorando sui contenuti per contestare l’Expo.

 

Il blitz, piuttosto telefonato, è scattato al Giambellino in alcuni appartamenti occupati e nella sede della Base di solidarietà popolare, un esperimento riuscito di relazioni sociali dal basso che lo scorso inverno si è distinto nelle lotte di solidarietà con gli inquilini “abusivi” del quartiere. Il bilancio dell’operazione parla di un arresto e 26 denunce. Tra i denunciati ci sono sei cittadini italiani, quattro tedeschi e sedici francesi. La polizia ha anche fornito un elenco degli oggetti sequestrati: 20 martelletti frangi vetro, mazze anche chiodate, fionde, maschere antigas e petardi, inoltre un estintore, dei guanti e aste con punte di ferro.

 

L’unico arrestato, un ragazzo tedesco, risulta essere proprietario di un’automobile con targa tedesca parcheggiata nei pressi dello spazio occupato: all’interno sarebbe stata trovata una tanica di benzina, diverse bottiglie, pezzi di stoffa, un imbuto e carta igienica. Tra oggi e domani dovrebbe comparire davanti al giudice per la convalida dell’arresto. Nei confronti degli altri venti cittadini stranieri è stato applicato un provvedimento di allontanamento con accompagnamento dalla frontiera, già in queste ore deciderà il giudice se convalidarlo o meno.

 

Ieri sera, in piazza Tirana, zona Giambellino, vari pezzi del movimento hanno partecipato a un presidio di protesta contro quello che viene vissuto come “un tentativo di criminalizzare la rete Attitudine No Expo e i soggetti che ne fanno parte”, proprio dopo le affermazioni del prefetto secondo il quale le proteste di piazza sono un diritto sacrosanto da tutelare. Per questo i militanti della rete hanno deciso di stare a fianco degli abitanti e dei “compagni” del Giambellino. “Ora forse qualcuno in qualche ufficio – si legge in un comunicato stampa – ha deciso che le cose devono andare diversamente e che, in assenza di tensione, essa vada creata. Noi siamo dalla parte della partecipazione e delle lotte, liberi di criticare e opporci al modello Expo”.

 

Come è successo ieri mattina all’Università Statale, per esempio, quando il commissario unico di Expo Giuseppe Sala è stato contestato da alcuni studenti durante la presentazione de “La Carta di Milano”, una sorta di utopico vademecum di buoni propositi per eliminare la fame nel mondo che verrà consegnato all’Onu il prossimo ottobre. E’ stata una protesta senza scontri né fuochi d’artificio come annunciato da alcuni giornali specialisti in procurato allarme. Fuori dall’università, circondati da un gruppo di poliziotti, gli studenti hanno srotolato alcuni striscioni. “Maroni, Sala, Pispia, Vago, liberiamoci dalla casta” e “Let’s make our Expo”.