«Sa qual è il problema? Che in nome dell’emergenza migratoria negli ultimi due anni la politica estera italiana in Libia è stata fatta dai ministri degli Interni invece che da quelli degli Esteri. E i risultati li vediamo. Salvini non sta facendo altro che portare alle estreme conseguenze quanto già deciso precedentemente». Ex viceministro degli Esteri con il governo Gentiloni, Mario Giro è sempre stato molto critico con le politiche sull’immigrazione attuate dal Viminale quando a guidarlo c’era Marco Minniti. In questi giorni è impegnato in una serie di incontri con l’associazionismo laico e cattolico per presentare «Centro Solidale», la nuova formazione politica creata a sostegno di Nicola Zingaretti alle regionali del Lazio e che ora si vuole espandere. «Anche la critica alle ong non è cominciata oggi, ma un anno fa» ricorda Giro al telefono. «Salvini se l’è presa con le ultime quattro navi ong ancora presenti nel Mediterraneo, mentre all’epoca ce n’erano quattordici».

Porti italiani chiusi e porti libici considerati sicuri. Non le suona un po’ strano?
Non esiste. E’ una vecchia storia che abbiamo già provato in passato, quando al Viminale c’era Maroni e l’Italia è stata condannata per aver chiuso i porti e respinto migranti in Libia. Si ripete che molti dei paesi dai quali provengono i migranti non sono in guerra. Quest’affermazione fa sorridere: invito tutti ad aprire il sito «Viaggiare sicuri» della Farnesina e a leggere le raccomandazioni che vengono date ai nostri concittadini proprio su quei paesi, così ognuno potrà farsi un’idea su quanto siano realmente sicuri.

Da viceministro degli Esteri lei ha definito i centri di detenzione libici un inferno.
E mi presi i rimbrotti di tutti. Cercai di rimediare alle situazioni più difficili invitando le ong italiane a recarsi nei centri di detenzione – oggi sono sette quelli presenti in Libia. Ebbi dalla mia parte solo l’allora ministro dei Trasporti Delrio. Da allora l’unica cosa che è cambiata è che l’Unione europea ha fatto quello che gli era stato chiesto di fare al vertice di Abidjan, in Costa d’Avorio: ha rimpatriato circa 26 mila persone che si trovavano nei centri cosiddetti legali. Però non sappiamo quante persone vi sono ancora oggi richiuse. Tra l’altro mi ha lasciato perplesso anche l’Oim (l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ndr) quando un mese fa ha detto che in Libia ci sono 700 mila migranti e tre giorni fa si è corretta parlando di 200 mila. La verità è che nessuno lo sa e sarebbe meglio evitare certi allarmismi.

In Libia non esiste un governo affidabile, eppure l’Italia continua a considerare il paese nordafricano un partner credibile e l’Unione europea sostiene gli aiuti economici.
Io non dico che non bisogna aiutare la Libia, dico anzi che occorre fare un sforzo politico per chiedere ai libici di riprendere il negoziato e concluderlo. Dobbiamo capire una volta per tutte che con la Libia si potrà fare efficacemente qualcosa per i migranti solo quando ci sarà uno stato unitario. Ma come si fa oggi ad affidare i migranti a un’entità non statuale, che non risponderà mai davanti a nessuno? La mia domanda è: perché abbiamo smesso da più di un anno di insistere sul lato politico e abbiamo affidato la Libia ai ministri dell’Interno invece di lasciarla nelle mani dei ministri degli Esteri perché finalmente si arrivasse a un accordo politico e si disarmassero le milizie? Finché questo non avverrà il problema dei migranti sarà per i libici solo un mezzo per prenderci in ostaggio.

E che risposta si è dato?
Che si è presi dall’urgenza migratoria, anzi dalla psicosi, come dice Papa Francesco, e non si vede al di là del proprio naso. E’ l’inerzia internazionale. Le fazioni libiche vanno messe intorno a un tavolo e convinte a trovare un accordo. Dopo di che discutiamo. Mi pare che il ministro Moavero si voglia muovere in questa direzione, l’unica utile. Se restiamo intrappolati dall’ultima emergenza non ne usciamo. Eisenhower diceva che le cose urgenti raramente sono le più importanti. Se continuiamo ad affidare ai ministri dell’Interno un mestiere non loro, come negoziare con le tribù, non andiamo da nessuna parte. E poi ci vuole una legge sull’integrazione per togliere i migranti dalle strade.

Tutto questo però lo ha iniziato il ministro Minniti, che faceva parte del suo stesso governo.
E io dissi subito che non ero d’accordo. Usciamo dall’equivoco: la politica italiana sulla questione migratoria deve essere bipartisan. L’ho sempre sostenuto. Finché sarà usata a scopi interni, destra contro sinistra o sinistra contro destra, non ne usciamo.