Le famiglie italiane aumentano il reddito disponibile (+1,5% sul 2014) e il potere d’acquisto (+1,3% sull’anno) nel terzo trimestre 2015, ma questo non basta per parlare di una crescita strutturata e duratura. Anche dall’ultimo flash dell’Istat su «Reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società» ieri è emerso un paese che non si è ripreso dalla batosta della crisi. L’Italia si conferma tra le ultime posizioni nel gruppo dei paesi europei che beneficiano di una congiuntura favorevole targata Bce.

Pur aumentando la spesa per i consumi finali (+0,4% rispetto al trimestre precedente, +1,2% rispetto al 2014), le famiglie continuano a risparmiare, temendo un nuovo colpo di coda della crisi, la precarietà o un licenziamento. Il risparmio delle famiglie consumatrici èaumentato di 0,9 % (+0,3% sull’anno): ora è al 9,5%. Questo significa che la famiglie spendono solo in parte la liquidità riacquistata. Considerata la crisi devastante dell’occupazione, la percezione di un futuro incerto o con poche speranze, è normale. Dal 2007 al 2014, sostiene il Codacons, il potere d’acquisto degli italiani è calato del 12%, con una contrazione media della capacità di spesa pari a 1.910 euro.Si prende fiato, si resta a guardare. Stesso discorso per un altro indice individuato dall’Istat, quello sul tasso d’investimento delle famiglie. Si tratta di un rapporto tra il reddito disponibile e gli acquisti di immobili. Il tasso diminuisce dello 0,1% (ora è al 6%). Questo significa: il reddito in più non viene investito sull’acquisto di un appartamento.

La tendenza conferma la crisi dell’immobiliare. E si capisce: i nuovi nuclei familiari sono tutti precari, con redditi da fame. L’Istat conferma che nel terzo trimestre è diminnuiti di 0,3% (0,3% sull’anno). Dimostra che la ripresa tenue in corso, pronta a nuovi rovesci nel 2016, non è bastata minimamente a recuperare il tasso prima della crisi: era al 22%, oggi è al 18,8%. La crisi c’è, e durerà a lungo.

Pensate che per Renzi, il suo Pd e il governo, questa realtà sia stata minimamente considerata? Ovviamente no. Del resto la notizia che le famiglie hanno aumentato i consumi corrisponde alla politica dei bonus a pioggia: gli 80 euro sono stati elargiti per allietare le casse delle pizzerie; i 500 euro agli insegnanti (e ai soli 18enni italiani) per andare al cinema o comprare libri o pc. Sembra il simbolo di un «successo». E ci mancherebbe visti i miliardi spesi in bonus e mance.. Ma non basta a dire che la ripresa c’è. Servono gli investimenti che non ci sono. Il ministro Padoan, preoccupatissimo dei venti contrari soffiati dalla troika contro la sua non eccelsa legge di stabilità si è affrettato ieri a twittare: «Aumentano i redditi, scende la disoccupazione: le riforme strutturali funzionano. Italia usa bene la #flessibilità». La soddisfazione del ministro si spiega per il rapporto tra Pil e defict sceso al 2,9%, mentre l’indebitamento netto della P.A. in rapporto al Pil è calato al 2,4%.

Si mette la testa sotto la sabbia, si inventa una realtà parallela. La disoccupazione scende perché aumenta l’occupazione degli over 55, i contratti a termine precari e grazie ai costossimi incentivi che non producono nuova occupazione. Il governo ha tutto l’interesse a gonfiare la bolla occupazionale per nascondere l’incapacità di modificare il trend a ribasso e si consola con la politica dei bonus. Bisogna consumare tutto e subito perché «di doman non c’è certezza». Questo è il messaggio disperato di Renzi. Tutto il resto è ottimismo di facciata.