I progetti per un nuovo sviluppo sostenibile con attenzione alla salute e al futuro dei giovani, dovrebbero essere i primi edifici da costruire nei nuovi spazi che si aprono in Europa. Sarebbe una bella prova per quella che dovrebbe essere la bella politica.

 

Ma elezioni regionali e referendum incombono e ci riportano più vicini alla meno bella politica di tutti i giorni.

Fioccano i No dichiarati e convinti, crescono quelli nascosti per pudore o per trame, si espongono i poteri mediatici e reali che mirano oltre: condizionare o cambiare il governo. Insomma la vittoria massiccia del Sì appare più in salita. A rendere difficile ogni previsione si aggiungono tre fattori imponderabili ed in evoluzione:

1- La spinta propulsiva del M5S, messa alla prova di una crescita/responsabilità di governo troppo repentine, si è altrettanto velocemente indebolita.

2- Sul versante più tradizionale non si è riusciti a rispondere ad una spinta popolare, presente nella società, con un cambiamento anche parziale dell’istituto parlamentare e della politica. Insomma prigionieri, ancora, del populismo minimalista di Di Maio dopo quello massimalista di Renzi!.

3- A questi due fattori che depotenziano il valore del referendum si aggiunge la scelta dell’election day. Saranno chiamati alle urne 52 milioni di elettori. Ma di questi, 33 milioni per il solo referendum e 19 per votare insieme sia per il referendum che per le regionali.

Quindi per i 19 milioni ci sarà una doppia motivazione che alzerà sicuramente la partecipazione al voto anche per il referendum. Per gli altri 33 milioni a votare sarà un numero molto più ridotto di elettori. Potremmo, così, avere livelli di partecipazione molto differenziati e tenendo conto anche dell’effetto trascinamento che può avere il voto locale è come se votassero due Paesi diversi. Di certo non sarà un vero e proprio voto nazionale e questo ne sminuisce il valore politico.

A meno che…

A meno che il clima politico non si surriscaldi tanto da alzare il livello motivazionale e spinga a recarsi più massicciamente al seggio anche nelle regioni dove si vota per il solo referendum.

E ci sono già tanti pronti a riportare il paese indietro riaprendo i temi istituzionali del bicameralismo, del sistema elettorale, del presidenzialismo e del sindaco d’Italia, della vocazione maggioritaria di chi ha fatto di tutto per diventare forza secondaria….

Può il dopo referendum essere la ripetizione di questo film già visto e con gli stessi attori? Stento a viverla come una battaglia campale. Penso che voterò in coerenza con i miei principi di sempre e con la comunità cui mi sento di appartenere. Ma con poco entusiasmo, lo confesso.

Mi piacerebbe che subito dopo il voto invece di contare vincitori e vinti si aprisse una vera ricerca collettiva sui temi iniziali, formazione e futuro. Che si rompessero le gabbie entro le quali siamo imprigionati, che si uscisse dai gusci e si liberassero forze ed energie all’altezza della sfida che abbiamo davanti. I cittadini ed i soggetti che, pur con legittime riserve e differenze, si riconoscono in questa maggioranza dovrebbero disporsi ad avviare un nuovo percorso. Se non si trova questo coraggio e se non si corre il rischio che comporta, non vince né il Si né il No. Ha già vinto la destra.