Alcune invenzioni per mettere al mondo forme nuove della politica e per orientarla alla convivenza giusta e pacifica sono state fatte dal femminismo. Simone Weil nominava questa esigenza nel 1943 per far fronte ad una società «interamente dominata dalla necessità e dai rapporti di forza» dove i partiti non garantivano libertà e democrazia. Lia Cigarini – in «L’Europa di Simone Weil» (Via Dogana n. 110)- sostiene che il lavoro politico sul simbolico, arrivato dal femminismo, ha consentito di affrontare il conflitto tra necessità e libertà, tra collettivo e singolarità, senza darla vinta ai più forti.

Pensiamo all’autocoscienza e al sapere generato dalla parola scambiata tra donne, oggi valido per tutti e tutte. Pensiamo a chi cresce i figli, dedicando energie a come migliorare la scuola che frequentano; alle donne che si appassionano al loro lavoro, mediando con altre esigenze della vita. Ci riferiamo a quelle pratiche trasformative di contesti e collettività che puntano sulla soggettività e le relazioni e che oggi anche alcuni uomini ricercano, soprattutto quelli venuti dopo il femminismo, perché interessati a dispositivi lontani dal potere. È una postura che implica un cambiamento del proprio sguardo sul mondo per guadagnare un orizzonte più grande. Le donne hanno imparato a farlo. La durezza della loro passata condizione ha regalato loro un acume in grado di restituire a ognuno/a di noi la capacità far accadere qualcosa di buono per sé e per gli altri. È sotto gli occhi di tutti che le relazioni tra i sessi stanno cambiando in meglio a causa di una libertà e di una politica agita dalle donne «senza alcuna forma di organizzazione e senza strumenti di potere», come spiega sempre Cigarini in «L’Europa di Simone Weil». Il patriarcato ha così perso credito e le sue basi sono state minate.

Arriviamo qui a un punto cruciale: il senso della politica. Come abbiamo scritto anche sul sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it), per gli uomini, più che per le donne, la dimensione politica coincide facilmente con l’esercizio del potere. (…)

Secondo noi la libertà femminile offre anche agli uomini la possibilità di trasformare il loro stare al mondo, possibilità che sono state colte per lo più nella vita di tutti i giorni, nella sfera affettiva e nelle relazioni. È possibile che qualcosa di analogo possa avvenire anche nella sfera politica? Cosa fare perché le pratiche politiche delle donne si aprano al mondo? Come raccontare le capacità trasformative di questa politica orientata al bene e all’amore, che punta sulla forza delle relazioni, di cui parla anche Simone Weil?

Noi abbiamo toccato con mano la difficoltà di capire le potenzialità trasformative delle pratiche politiche delle donne nelle discussioni che hanno coinvolto quest’anno «Maschile Plurale» (Mp), un’associazione che lavora e riflette attorno alla violenza sulle donne. È avvenuto quando una donna ha dichiarato pubblicamente di avere subito violenza psicologica da un uomo di questa associazione. Di fronte alle parole di una donna che nomina il suo vissuto di violenza, abbiamo chiesto agli uomini di Mp con cui siamo in relazione di fermarsi, interrogarsi seriamente e mettersi in gioco, senza disconoscere, minimizzare o negare la parola di lei. Partendo da una dimensione di autocoscienza, noi pensiamo sia possibile trarre un sapere capace di nominare cosa fa ostacolo a riconoscere la violenza tra i sessi per traghettarci fuori da relazioni segnate dal femminicidio di cui i giornalisti, fermi allo scandalo della notizia, quotidianamente ci narrano.

L’importanza dell’esperienza di «Maschile Plurale» sta nell’aver affermato che, come uomini, la violenza li riguarda e questo ha consentito un lavoro sulla miseria maschile, a partire da sé, che si è nutrito del femminismo e che ha avuto il riconoscimento politico di molte donne.

La riflessione sulla miseria maschile, diventata la faccia presentabile al femminismo, quella per cui chiedere riconoscimento, può mostrare un lato nascosto: il narcisismo e l’autosufficienza.

Anche le donne hanno dovuto affrontare l’immaginario della miseria femminile, prodotta dallo sguardo degli uomini, ma se ne sono liberate grazie alla relazione con le altre donne, che ha messo le basi per una nuova occasione di scambio e di relazione anche con gli uomini. Alcune di queste donne vedono ora risorse e spostamenti, desiderati e in atto, e giocano libertà e autorità femminile nelle relazioni con uomini. Questo è il punto politico che non si può mancare: anche dalla miseria maschile si esce stando in relazione con le donne.

L’11 Aprile alla libreria delle donne di Milano si svolge l’incontro dal titolo «La politica è la politica delle donne. E gli uomini?», a partire dall’ultimo numero di Via Dogana (n.111): «La politica che non c’era».