È finita la trasferta capitolina della pm di Bergamo Maria Cristina Rota e dei sostituti Paolo Mandurino, Silvia Marchina e Fabrizio Gaverini che torneranno in sede per tirare le somme dopo le audizioni del presidente del Consiglio Conte, dei ministri Luciana Lamorgese e Roberto Speranza e del presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro nell’ambito dell’inchiesta per la mancata istituzione della zona rossa di Alzano Lombardo e Nembro.

Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, per i due comuni della bergamasca non scattò l’isolamento immediato, nonostante l’alert del comitato tecnico scientifico. Dopo il colloquio in qualità di persona informata sui fatti – durato circa tre ore – il premier ha dichiarato di aver «chiarito tutto con i pm nei minimi dettagli». Dal ministro della Sanità Speranza, con un post su Facebook invece, la frecciata – neanche troppo velata – ai vertici lombardi: «Chiunque abbia avuto responsabilità deve essere pronto a rendere conto delle scelte fatte», confermando comunque la propria disponibilità nei confronti degli inquirenti. Nessuna dichiarazione da parte della numero uno del Viminale, Luciana Lamorgese.

Il pool bergamasco, che all’uscita da palazzo Chigi ha ringraziato per le dichiarazioni rese dagli esponenti del governo, dovrà tener conto di tutte le testimonianze. Comprese quelle di Fontana, Gallera e del presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, già ascoltati in Procura a Bergamo. Il pool orobico, già nella prossima settimana, stabilirà se la mancata zona rossa sia catalogabile come atto politico discrezionale o attività di gestione amministrativa che come tale possa portare a responsabilità penali. In questo caso, si tratterebbe di accertare in capo a chi siano queste responsabilità e ipotizzare il reato. I reati che potrebbero essere eventualmente contestati sono quelli di epidemia colposa, epidemia colposa omissiva oppure omissione in atti d’ufficio. Ma secondo alcune fonti l’ipotesi più plausibile sarebbe quella di epidemia colposa omissiva, «difficile da dimostrare, ma corrisponderebbe alla mancata attuazione di misure che avrebbero evitato la diffusione del contagio».

Fuori da palazzo Chigi, alla domanda dei cronisti, la procuratrice Rota sembra non conferma la dichiarazione rilasciata alla stampa a fine maggio dopo l’interrogatorio di Fontana sulle responsabilità della mancata zona rossa, ma spiega: «Dalle testimonianze che avevamo in atto emergeva una responsabilità governativa. A oggi, non ho altro da aggiungere». La pm conferma che nessuno degli attori fin qui ascoltati risulta indagato.

I magistrati valuteranno anche le presunte pressioni che i vertici lombardi e romani avrebbero subito da parte degli imprenditori. Va ricordato infatti che la Val Seriana conta circa 400 aziende, con un fatturato che si aggira intorno 700 milioni di euro annui. Tutto è ancora sul tavolo, dunque: a partire dal verbale della riunione del comitato tecnico scientifico del 3 marzo in cui si legge – come riporta il Corriere della Sera – che «l’assessore Gallera e il direttore generale Caiazzo confermano i dati relativi all’aumento (dei contagi, ndr). Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare oltre 20 casi, con molte probabilità ascrivibili ad un’unica catena di trasmissione. Ne risulta pertanto che l’R0 è sicuramente superiore a 1».