Greenpeace ritiene che tassare la plastica sia sicuramente giusto, e con la cosiddetta «Plastic Tax» il governo finalmente prende atto che questo materiale è problematico per l’ambiente: quindi, il suo uso va disincentivato.

Secondo quanto si apprende al momento, al netto di modifiche dell’ultima ora, la nuova tassazione sarà valida per tutte quelle aziende che da decenni fanno enormi profitti, a scapito dell’ambiente, promuovendo la produzione e l’uso di enormi quantità di imballaggi – non sempre utili – senza assumersi alcuna responsabilità della loro corretta gestione e recupero a fine vita.

Ma la domanda è: questo provvedimento sarà realmente incisivo dal punto di vista ambientale? La tassazione dovrebbe essere accompagnata da una serie di sgravi e incentivi per il ricorso ad alternative a basso impatto ambientale – come lo sfuso o i sistemi basati sulla ricarica e il riutilizzo dei contenitori – non favorendo il ricorso a false soluzioni come la carta e le plastiche biodegradabili e compostabili non meno impattanti sull’ambiente.

In questo modo, la nuova tassazione spingerebbe verso una vera innovazione tutte quelle aziende che basano il proprio business sugli imballaggi monouso, ricorrendo a tutte quelle alternative che già oggi esistono ma che raramente troviamo disponibili per i nostri acquisti quotidiani.
L’inserimento di una modularità, con una tassazione crescente negli anni e sulla reale riciclabilità degli imballaggi, potrebbe inoltre spingere velocemente le aziende a investire ancor più rapidamente in sistemi di distribuzione alternativi.

La nuova tassa – per non avere solo un mero scopo fiscale – dovrebbe essere inserita in quadro normativo più organico che preveda una riduzione della produzione degli imballaggi monouso, uno degli obiettivi della direttiva europea sulla plastica usa e getta che andrà in vigore in tutta Europa a metà 2021.

Il governo italiano colga quindi la giusta intuizione della Plastic Tax per diventare davvero leader nella lotta all’inquinamento da plastica.