Un trial clinico per verificare sull’uomo gli effetti di un nuovo farmaco è finito in tragedia in un laboratorio privato di Rennes, nel nordovest della Francia. Uno dei volontari sottoposti alla sperimentazione è morto e altri quattro si trovano in condizioni critiche. I fatti risalgono a giovedì, ma la notizia è stata diffusa solo nella giornata di venerdì. I volontari che hanno partecipato al test sono 90, e molti di loro devono ancora essere contattati. Il ministro della salute Marisol Touraine ha promesso un’approfondita indagine sul test e un’inchiesta è stata aperta dalla magistratura di Parigi.

Il test era condotto dalla Biotrial, società specializzata francese fondata nel 1989, e riguardava un farmaco antidolorifico della società portoghese Bial. La sperimentazione consisteva in un trial cosiddetto «di fase 1». A questa prima fase partecipano di norma un piccolo gruppo di volontari in buona salute per verificare gli effetti collaterali dopo aver provato il farmaco sugli animali. Solo nelle fasi successive, i farmaci in esame vengono somministrati a gruppi ristretti di pazienti per verificarne l’efficacia terapeutica (fase 2) e poi a gruppi più ampi per un confronto con i farmaci esistenti (fase 3). Secondo il sito dell’azienda www.biotrial.fr, i volontari della fase 1 sono indennizzati con somme che variano tra i 100 e i 4500 euro.

Ogni anno vengono eseguiti migliaia di trial clinici in Europa, e stimarne il numero di partecipanti non è facile perché non tutti i test sono resi pubblici. Le stime, però, parlano di un fenomeno in aumento. Un’indagine nel Regno Unito, ha mostrato che tra il 2007 e il 2012 il numero di «cavie umane» è triplicato, arrivando a oltre 600mila persone.

Negli ultimi anni, i trial clinici sono stati spesso oggetto di dibattito. Talvolta, perché i volontari che si prestano alla ricerca di un reddito apparentemente facile ne fanno le spese. Ma la discussione riguarda anche la loro scarsa trasparenza. Come nel caso francese, sono realizzati in gran parte da società farmaceutiche private, che spesso hanno interesse a non divulgarne i risultati se il farmaco risulta dannoso o inefficace. Simili risultati, infatti, vanificano anni di investimenti nella ricerca e nello sviluppo dei farmaci, con ricadute finanziarie pesanti. La segretezza dei risultati, però, danneggia anche pazienti e ricercatori, privati di informazioni scientifiche potenzialmente utili.

Per scongiurare queste conseguenze è nata la campagna internazionale AllTrials, che chiede che le case farmaceutiche rendano noti i risultati di tutti i test effettuati. Il promotore della campagna, il medico e giornalista Ben Goldacre, ha sottolineato l’importanza della trasparenza anche dopo i fatti di Rennes. Nel 2006, ad esempio, anche una sperimentazione su un farmaco anti-artrite in Inghilterra mise a serio rischio la vita di sei volontari, salvati per miracolo dai gravissimi effetti collaterali. L’incidente avrebbe potuto essere evitato, secondo Goldacre, perché un simile test era stato effettuato dieci anni prima con esiti analoghi, ma senza divulgarne i risultati. Inoltre, i test dovrebbero essere effettuati con gradualità, su un volontario alla volta e con dosi crescenti. Il nuovo regolamento europeo tiene conto di queste raccomandazioni: dal 2016 tutti i trial dovranno essere registrati su un database pubblico. Tuttavia, nulla impedirà alle società farmaceutiche di effettuare la fase 1, quella più a rischio, in paesi dove le norme sono meno restrittive.