Era forse la notizia più attesa del 2020: uno dei vaccini sperimentali sta dando ottimi risultati anche nei test decisivi, quelli condotti su decine di migliaia di pazienti. È l’ultimo passo prima della richiesta di un’autorizzazione al commercio, ma non significa che la pandemia sia già sconfitta. Prima di avere un vaccino disponibile in tutto il mondo, infatti, passeranno probabilmente diversi mesi.

Il vaccino in questione è stato sviluppato dalla multinazionale farmaceutica Pfizer e dalla società tedesca BioNTech. La sperimentazione è ancora in corso ma dopo i primi 94 casi registrati tra i partecipanti (che per metà hanno ricevuto un vaccino e per metà un placebo) i risultati indicano «un’efficacia superiore al 90% una settimana dopo la seconda dose». Il vaccino infatti richiede una doppia somministrazione a tre settimane di distanza. «Lavoro allo sviluppo di vaccini da 35 anni», ha detto a Statnews William Gruber, vicepresidente della ricerca clinica della Pfizer. «Ho visto molte cose efficaci. Questa è straordinaria».

I dati non sono ancora quelli definitivi, ma provengono da un’analisi intermedia sui dati raccolti da aprile a oggi. Lo studio è ancora in corso e la seconda dose del vaccino (o il placebo) deve essere ancora somministrata a 4 mila sul totale di 44 mila partecipanti previsti.

Nonostante il buon esito annunciato, Pfizer e BioNTech non chiederanno immediatamente un’autorizzazione al commercio del vaccino, nemmeno in forma «emergenziale» come si fa nei casi di crisi sanitaria. Prima aspetteranno che tutti i partecipanti abbiano ricevuto la seconda dose da almeno due settimane, e questo significa che il vaccino non sarà autorizzato prima della terza decade di novembre.

Per arrivare alla autorizzazione definitiva però sarà necessario attendere ancora molti mesi. Serviranno per accertarsi che non emergano effetti collaterali sul lungo periodo e per verificare la durata dell’immunità: secondo diverse ricerche, gli anticorpi generati dal sistema immunitario hanno una durata limitata. Per queste ragioni, i volontari saranno seguiti e monitorati fino alla fine del 2022. Le aziende hanno annunciato che una volta completato lo studio i risultati saranno pubblicati su una rivista scientifica. Ma i dati “grezzi”, quelli che permettono davvero ai ricercatori di verificare i risultati annunciati, saranno messi a disposizione solo due anni dopo la fine dello studio clinico, cioè nel 2025.

Secondo la Pfizer, entro la fine del 2020 saranno prodotte 50 milioni di dosi. Nel 2021, la produzione arriverà a 1,3 miliardi di dosi, sufficienti per 650 milioni di persone. Anche nel migliore dei casi, di qui a un anno solo il 10% della popolazione mondiale potrà ricevere il vaccino Pfizer. La distribuzione potrebbe essere rallentata anche dalla necessità di conservare il vaccino a -70 gradi, una temperatura che richiede speciali attrezzature. Le vaccinazioni non si potranno effettuare negli studi medici. Anche trasportarlo nei paesi poveri, dove la fornitura energetica è instabile, sarà un’impresa complessa.

Tra coloro che aspettavano la notizia con più trepidazione c’era Donald Trump. L’annuncio è arrivato nel primo giorno utile dopo la definitiva assegnazione della nuova presidenza Usa a Joe Biden. Se fosse arrivato alla vigilia delle elezioni, Trump avrebbe potuto rivendicare un indiscusso successo. La sua amministrazione ha investito circa 10 miliardi di dollari nell’operazione «Warp Speed», 2 dei quali sono serviti a prenotare 100 milioni di dosi del vaccino Pfizer. Pur di essere lui ad annunciare il vaccino, Trump ha esercitato notevoli pressioni sulle agenzie regolatorie affinché abbassassero gli standard di sicurezza ed efficacia richiesti ai produttori.

Le stesse società farmaceutiche si erano sottratte a una strategia che avrebbe dovuto favorirle, ma che rischiava di colorare indelebilmente di arancione la scoperta del vaccino e intaccarne la fiducia presso l’opinione pubblica contraria al presidente. Di fronte al rischio di suscitare un enorme movimento «no vax», in settembre le case farmaceutiche avevano preso un impegno congiunto a non chiedere un’autorizzazione per i vaccini prima di aver completato gli studi clinici, rinunciando temporaneamente a farsi concorrenza. Ora che l’era Trump è finita, la corsa può iniziare davvero.